Matrimonio all’italiana, il capolavoro neorealista di Vittorio De Sica, compie 55 anni
Il grande Vittorio De Sica, il 18 dicembre 1964, sbarcava nelle sale di Roma con Matrimonio all’italiana, straordinaria versione per il grande schermo del dramma teatrale di Filumena Marturano, di Eduardo De Filippo. La storia è, appunto, quella di Filumena Marturano (Sophia Loren), un’ex prostituta che, da più di 20 anni, ha un relazione col ricco donnaiolo e pasticciere Domenico Soriano (Marcello Mastroianni). I due si sono conosciuti durante la Seconda guerra mondiale, quando Domenico la portò via dalla casa di tolleranza, non facendole mai mancare nulla, ma trattandola sempre come un’amante. Nei continui flashback, riusciamo a capire gli alti e bassi della loro relazione, fatta di tante umiliazioni subite da Filumena che, un giorno, stanca di vivere in quel modo, decide di farsi sposare. Per riuscirci, finge di essere in punto di morte. Lo stratagemma riesce a metà perché, accortosi dell'inganno, Domenico fa annullare le nozze. La donna allora rivela di avere tre figli, uno dei quali proprio di Domenico, ma non gli dirà mai qual è perché deve amarli tutti allo stesso modo.
Il tocco neorealista di De Sica e la mutevolezza dei sentimenti
Il dramma di Eduardo De Filippo è stata scritta nel 1946 e fu proprio il grande attore e regista a portarla al cinema nel 1951 e poi in televisione, circa 11 anni dopo, affidando la parte della protagonista a sua sorella Titina. De Sica, però, seppe dare il suo inconfondibile tocco e, forte del successo di Ieri, oggi e domani (1963, vincitore dell’Oscar al Miglior film straniero nel 1965), assoldò la stessa coppia d’assi, alla loro sesta pellicola assieme, per riportare al cinema un testo che ha sempre avuto un enorme seguito. Il rinomato padre del Neorealismo italiano rimaneggiò le pagine di Eduardo con gli sceneggiatori Renato Castellani, Tonino Guerra, Leonardo Benvenuti e Piero De Bernardi, spostando un po’ più in avanti l’ambientazione storica e raccontando con i flashback tutto il percorso dei due scapestrati protagonisti. Tutto è giocato sulla mutevolezza dei sentimenti, sulla passione, sulle montagne russe dell’amore tra una Filumena mossa da passioni autentiche, vere e improntate non solo al proprio bene ma a quello di tutta la sua famiglia, e dall’altra parte del ponte c'è l’egoismo, l’egocentrismo, i difetti di un uomo che ha una barriera trasparente davanti agli occhi e al cuore che distruggerà solo alla fine e, quindi, dopo tantissimi anni.
I ruoli cuciti addosso a Sophia Loren e Marcello Mastroianni
De Sica cuce addosso a Sophia Loren e a Marcello Mastroianni i ruoli di Filumena e Don Mimì. Per la prima, già diva inarrivabile, fu quasi naturale calarsi nei panni di questa donna caparbia, combattiva, sfacciata, che non accetta compromessi, che rappresenta un’intera classe sociale umile, dedita agli affetti, ma anche dolce e mossa solamente dall’amore. Per l’indimenticabile Mastroianni, invece, fu molto più difficile perché Domenico era praticamente il suo opposto, un personaggio che è chiuso quasi in un guscio da cui non vuole uscire e che “ama” secondo un modo tutto suo. Il tocco di classe di De Sica, attuato anche grazie alle due “stelle” appena citate, sta nel fatto di mescolare nostalgia, irriverenza, scene divertenti e ironiche, alla malinconia e al dolore di alcuni passaggi, espressi soprattutto da Filumena, vero cuore pulsante della pellicola, molto diversa dagli stereotipi femminili destinati a soccombere.
Una squadra eccellente e i premi vinti
Oltre alla straordinaria bravura degli sceneggiatori, è impossibile non menzionare la straordinaria fotografia di quel maestro di Roberto Gerardi, il montaggio di Adriana Novelli, le scenografie di Carlo Egidi e Dario Micheli, i costumi di Piero Tosi e Vera Marzot e le fantastiche musiche di Armando Trovajoli. Una squadra di eccellenze amatissima da De Sica che riuscì a sfornare l’ennesimo diamante della cinematografia italiana, portando a casa una nomination agli Oscar alla Migliore attrice protagonista (Sophia Loren) e un’altra come Miglior film straniero. Non solo. Infatti, il film vinse il Samuel Goldwyn International Award ai Golden Globe del 1965 e 4 David di Donatello (Miglior regista, Miglior produttore a Carlo Ponti, Migliore attrice protagonista e Miglior attore protagonista).