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Non è da tutti saper raccontare la nostalgia

Nell’incrocio di sguardi di Jerry Calà e Marina Suma nel finale di “Sapore di mare” si legge un sentimento chiaro, riconoscibile a tutti, che in pochi hanno saputo raccontare con lo stesso garbo e la stessa precisione dei Vanzina.
A cura di Andrea Parrella
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Morto Carlo Vanzina, pare essersi riacceso per qualche ora un dibattito che in Italia ha tenuto banco per molti anni, senza che mai si riuscisse ad agguantare una risposta univoca, come accade per tutti i fenomeni culturali divisivi: il filone cinematografico nato coi fratelli Vanzina, che include ma non è fatto unicamente dei tanto bistrattati cinepanettoni, merita di uscire definitivamente dall'angolo delle pellicole di serie b in cui è stato costretto da parte dell'opinione pubblica, oppure al contrario si dovrebbe evitare di esaltarlo come paradigma della commedia italiana di quella stagione?

Risposta, appunto, non c'è. Era lo stesso Vanzina a non preoccuparsene, comprendendo come il suo cinema fosse una sintesi dell'incontro tra la cultura alta e la commedia umana, quella più spontanea che ogni giorno si può trovare in strada. "Il massimo della snobberia è fare film di Natale, e la sera leggere Maupassant", aveva detto una volta Carlo Vanzina, descrivendo i tratto suoi e di suo fratello Enrico.

Ma a dispetto delle critiche che si sono riaccese in queste ore, c'è una cosa che i Vanzina hanno saputo fare in maniera limpida e inequivocabile, riuscendo nel miracolo di lasciare lo stesso segno su diverse generazioni. C'è quella scena, quella nota a molti, la sequenza che mette fine a "Sapore di mare", durante la quale lo spessore del messaggio e la popolarità si sintonizzano sulla stessa frequenza per un periodo di tempo breve, della durata di pochi minuti.

Perché la pioggia di fine estate l'abbiamo vista tutti e tutti abbiamo provato un'immensa tristezza. E chiunque ha creduto, almeno per un istante, che l'amore nato tra gli ombrelloni potesse permettersi la presunzione di essere permanente. E ognuno di noi è in grado di comprendere il senso dello sguardo smarrito di Jerry Calà, segnato da un velo di tristezza e rimpianto, e l'alone di compiacimento sul volto di Marina Suma, che lo guarda da lontano. La parola che spiega tutto è naturalmente la nostalgia (sì, quella celeste e perfettamente didascalica della canzone di Cocciante in sottofondo), il più universale tra i sentimenti. Tanto facile da provare, quanto ardua e complessa è la sfida a raccontarla, immortalarla in pochi secondi. A chi ci è riuscito, con la gentilezza con cui lo hanno fatto i Vanzina, andrebbe riconosciuto il merito. Non è da tutti saper raccontare la nostalgia.

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