Morto Giuseppe Ferrara, regista d’impegno civile: narrò i segreti d’Italia da Moro a Calvi
Il cinema italiano piange la scomparsa di Giuseppe Ferrara, regista di tanto cinema d'impegno civile, morto per arresto cardiaco a Roma il 25 giugno. Malato da tempo, era ricoverato al Policlinico Umberto I: avrebbe compiuto 84 anni il prossimo 15 luglio. Da "Cento giorni a Palermo" a "Il caso Moro", da "Giovanni Falcone" a "I banchieri di Dio", tutta la sua filmografia ha raccontato i lati oscuri della Storia italiana (e non solo). Ferrara era nato a Castelfiorentino, in provincia di Firenze, nel 1932. Diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia, ha curato pubblicazioni sul Neorealismo, su Visconti e Rosi, e dagli anni Sessanta ha diretto diversi corti e documentari, tra cui "Le streghe a Pachino" (1965), inchiesta sulla mafia e l'omertà in Sicilia.
Gli inizi, i ritratti di Dalla Chiesa e Moro
Nel 1969 fonda la cooperativa Cine 2000 e dirige il suo primo lungometraggio, "Il sasso in bocca", ancora sullo sviluppo del potere mafioso in Italia, a metà tra fiction e documentario. Seguono, nel 1975, "Faccia di spia" con Adalberto Maria Merli e Mariangela Melato, su diversi fatti storici controversi (il "suicidio" Pinelli, il colpo di Stato in Cile, l'omicidio Kennedy) e, nel 1977, "Panagulis zei", sul greco Alessandro Panagulis, ucciso dal regime dei colonnelli. Con "Cento giorni a Palermo" (1984), torna a raccontare la mafia siciliana: stavolta al centro c'è il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, interpretato dalla star francese Lino Ventura (nel film recitano anche Giuliana De Sio e Arnoldo Foà). Ancora più controverso è il tema raccontato ne "Il caso Moro", primo film a trattare il rapimento del leader della DC nel 1978, con Aldo Moro interpretato da Gian Maria Volonté.
Giuseppe Ferrara e i "segreti di stato"
In "Contra-diction: il caso Nicaragua" e "Narcos", rivolge lo sguardo alle contraddizioni e alle violenze del Sudamerica, mentre nel doc "P2 Story" indaga sulla famigerata loggia massonica di Licio Gelli. Nel 1993 gira "Giovanni Falcone", a pochi mesi dall'attentato che è costato la vita al magistrato siciliano, qui interpretato da Michele Placido (mentre Giancarlo Giannini è Paolo Borsellino). Nel 1995 tocca a "Segreto di stato", indagine sui servizi segreti deviati e sul loro coinvolgimento in eventi come la strage di Bologna e quella di Ustica (con Massimo Ghini e Massimo Dapporto). Dopo la miniserie tv "Donne di mafia" (2001) con Tosca D'Aquino, Lorenzo Crespi, Barbara D'Urso e Mietta, nel 2002 Ferrara racconta ancora segreti di stato ne "I banchieri di Dio – Il caso Calvi", sulle oscure vicende del Banco Ambrosiano e di Roberto Calvi, con Omero Antonutti, Giancarlo Giannini, Pamela Villoresi, Alessandro Gassmann e Rutger Hauer. In "Guido che sfidò le Brigate Rosse" (2005) racconta la storia del sindacalista Guido Rossa, con Massimo Ghini, Anna Galiena, Gianmarco Tognazzi. Infine, dopo il corto per il film collettivo a episodi "All Human Right for All" (2008), dirige nel 2013 la miniserie "Roma nuda", con Tomas Milian (anche autore della sceneggiatura), Franco Califano e Anna Falchi, rimasta ancora inedita.
Su Twitter, lo ricordano tra gli altri proprio Barbara D'Urso e Alessandro Gassmann.