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Morto il produttore Donald Ranvaud, candidato all’Oscar per “City of God”

Morto all’età di 69 il produttore e giornalista, candidato ad un Oscar per il film “City of God”. La sua ultima fatica, ancora inedita, è il documentario di Michele Diomà “Sweet Democracy”.
A cura di Andrea Parrella
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Il produttore cinematografico e giornalista Donald Ranvaud è morto, a 62 anni, per arresto cardiaco nella notte del 5 settembre, mentre si trovava a Montreal, in Canada, in una camera d'albergo. Candidato agli Oscar per il capolavoro City of God di Fernando Meirelles, tra i grandi incontri della sua carriera aveva avuto modo di lavorare con Al Pacino ed era un fraterno amico di Bernardo Bertolucci. Oltre al suo impegno attivo nel cinema, Ranvaud aveva anche insegnato Letteratura Inglese e Letterature Comparate all'Università di Warwick e all'Università dell'est Anglia, oltre che al college. Ha collaborato inoltre in qualità di giornalista con grandi gruppi editoriali internazionali, da Cahiers du cinéma al The Guardian, oltre che in Italia con la Repubblica.

Il ricordo di Michele Diomà

Il suo ultimo progetto, rimasto inedito, è la produzione di Sweet Democracydocumentario diretto dal talentuoso regista napoletano trapiantato a Roma Michele Diomà, a cui ha preso parte anche l'attore premio Nobel Dario Fo. Il regista, che ha all'attivo un documentario con il padre del cinema d'impegno civile Francesco Rosi, Born in the U.S.E., ha dedicato un ricordo particolare a Ranvaud:

La morte di Donald per me è la vicenda più dolorosa che abbia mai vissuto. Sono ore difficilissime quelle che sto trascorrendo con l'idea ossessiva che non ci rivedremo mai più. Faticherò immensamente ad abituarmi a stare senza Donald, dato che da ormai due anni, ci sentivamo via mail o via skype, quasi tutti i giorni. Ci vedevamo sempre quando era a Roma, anche se Donald viveva viaggiando tra gli Stati Uniti, l'America Latina e l'Europa. Prendeva una media di 8 aerei al mese, affrontando spesso voli transoceanici. Io gli devo tutto quello che sono come regista, non soltanto perché grazie alla sua fiducia, ho avuto la straordinaria opportunità di lavorare con lui e di dirigere Sweet Democracy, ma perché Donald mi ha rivelato l'approccio anglosassone con il cinema. Sicuramente molto più professionale di quello italiano, in cui tutti i rapporti clientelari decadono ed il regista così come il produttore, ha un solo obbiettivo, ovvero fare un film, esattamente come lo ha immaginato e scritto. Ho molti ricordi personali che riguardano la mia amicizia con Donald, ne rievocherò tre. Donald era una persona di un'ironia fulminante! Quando gli ripetevo che stavamo facendo un film rivoluzionario, lui per sminuirmi simpaticamente mi diceva: " Hasta la pasta siempre! Evviva la revolucion de los macherones"! Parafrasando la storica frase di Che Guevara. Il primo ricordo riguarda il Messico! Andammo insieme al Festival internazionale del cinema di Guadalajara nel marzo del 2015 a presentare il mio documentario Born in the U.S.E., nel quale c'era anche Donald, oltre a Francesco Rosi e ai premi Oscar Giuseppe Tornatore e Luis Bacalov. Facemmo la conferenza stampa ed io parlai con i giornalisti messicani per 4 ore! L'indomani tutti i giornali e le TV accreditate del Festival parlavano di me e le persone mi riconoscevano tra le strade di Guadalajara, mi chiesero anche il primo autografo della mia vita, Donald assistette alla scena e poi mi disse: " Sei diventato più famoso di Speedy Gonzales! Quando torni in Italia, puoi sempre dire che a Roma non ti si fila nessuno, ma a Guadalajara del Messico, sei una star!".Altro ricordo, quando andammo a casa di Bernardo Bertolucci. Io che sono cresciuto nel mito di " Ultimo tango a Parigi" ed ero emozionatissimo quella mattina,come mai prima, immaginavo di dover parlare di storia del cinema ed invece arrivammo a casa del Maestro e la prima cosa che gli disse di me Donald fu:" Bernardo, lo sai che  Michele è tifoso del Napoli?!" , grazie a quella frase si parlò molto di calcio a casa di Bernardo Bertolucci, cosa che non avrei mai immaginato, anche se Donald non perdeva una partita del suo Arsenal e del Milan, ma anche di tantissime altre squadre. Ultimo aneddoto, quando Donald mi disse, che ero della stessa razza della sua amica Valeria Golino, in quanto entrambi napoletani, poi aggiunse, che lei era la parte bella di Napoli, io la parte polemica e pulcinellesca, dicendomi " Miché tu con Sweet Democracy, mi creerai un sacco di guai! Fare satira politica in Italia non è easy! Però ci divertiremo un mondo a far incazzare tutti i potenti!

Il progetto di Sweet Democracy

Michele Diomà ha inoltre sottolineato l'importanza di aver collaborato professionalmente con Ranvaud: "La struttura produttiva del cinema italiano trovo che sia completamente ingessata. Quando ho deciso di fare un film sul tema della censura, sapevo che mi sarei dovuto rivolgere ad un produttore più attivo all'estero che in Italia, anche perché il cinema come gran parte della stampa, nel nostro Bel Paese è lottizzato dalla politica, pertanto non libero. Ho trovato un valido partner produttivo in Donald Ranvaud, producer più volte candidato agli Oscar, che mi ha dato e mi sta dando il suo appoggio per portare avanti Sweet Democracy". Ma ha d'altronde dato l'importanza che merita ad un compagno di viaggio come il premio Nobel Dario Fo:

Avere nel cast Dario Fo, unico attore che abbia mai vinto un premio Nobel, è stato un sogno che ho coltivato sin dalla prima stesura del progetto, anche perché si tratta di un artista che ha subito innumerevoli censure insieme alla moglie Franca Rame. Spero con questo progetto di contribuire a far scalare un po' di posizioni all'Italia nella classifica che la vede attualmente al settantasettesimo posto per libertà di stampa. Tuttavia non posso non ricordare che questo film è completamente auto-prodotto, nel senso che non è stato utilizzato un euro di denaro pubblico per realizzarlo.

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