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Morto padre Virgilio Fantuzzi, critico cinematografico e amico di Fellini, Pasolini e Bellocchio

Si è spento a Roma padre Virgilio Fantuzzi, voce autorevole della critica cinematografica negli ultimi decenni, un faro culturale capace di coniugare il mondo cattolico al cinema. Nel corso della sua vita ha intessuto rapporti con grandi nomi del cinema italiano, da Fellini a Pasolini, passando per Olmi e Bellocchio.
A cura di Andrea Parrella
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È morto a Roma padre Virgilio Fantuzzi, scrittore emerito e critico cinematografico de “La Civiltà Cattolica”. Personaggio caro a molti registi e nomi di spicco del mondo cinematografico italiano, per quella capacità da sempre mostrata di saper tenere insieme due mondi ed essere un faro culturale per una folta schiera di lettori. Aveva 82 anni e nel corso della sua vita ha stretto rapporti con Pasolini, Fellini, Ermanno Olmi, Marco Bellocchio e tanti altri tra attori e registi. Padre Virgilio Fantuzzi aveva 82 anni. Autore di diversi testi dedicati proprio alla storia del cinema, Fantuzzi ha insegnato Analisi del linguaggio cinematografico all’Università Gregoriana di Roma.

Era nato a Mantova nel 1937 ed era entrato nella Compagnia di Gesù nel 1954, per poi essere ordinato sacerdote nel 1969. Dopo gli studi di Filosofia e Teologia a Roma (Pontificia Università Gregoriana) si era specializzato in Semiologia del cinema a Parigi, per poi diventare critico cinematografico de La Civiltà Cattolica nel 1973, insegnando dal 1975 al 2007 Analisi del linguaggio cinematografico presso la Pontificia Università Gregoriana.

Dopo la morte di Padre Fantuzzi è arrivato immediato il commento di Marco Bellocchio, che proprio oggi ha avuto la notizia che il suo "Il Traditore" sarà il film in lizza per conquistare una nomination agli Oscar 2020 come Miglior Film Straniero. Queste le parole del regista su Fantuzzi:

Virgilio Fantuzzi è morto, un grande amico. Non ci vedevamo spesso, ma sempre affrontando e approfondendo le grandi questioni, lui da credente e io da non credente (poche chiacchiere, anzi nessuna). Anche se Virgilio era convinto, nelle immagini di certi miei film, di aver scoperto piccole o grandi rivelazioni che erano la prova di una mia autentica religiosità. Virgilio era al di là della fede, su cui lo seguivo per affetto, per amicizia, ma non per intima convinzione, un acutissimo interprete, che usava per le sue scoperte un linguaggio semplice, diretto, che è molto raro per un critico. Si capiva il suo pensiero, un pensiero profondo. Ho avuto la fortuna di conoscerlo più di cinquanta anni fa, ai tempi de “I pugni in tasca”, a casa di Pierpaolo Pasolini, gli anni appena successivi a “Il Vangelo secondo Matteo”. E ho avuto la seconda fortuna proprio di intervistarlo qualche mese fa per un film che sto portando a termine. In quell’occasione tra le altre cose mi parlò di quando Pierpaolo chiese per “Il Vangelo secondo Matteo” alla madre Susanna di interpretare la madonna, ricordandole per risvegliarne il dolore, per esaltarne l’interpretazione, l’assassinio dell’altro figlio partigiano (“Ricordati di Guido!”). Incitamento giudicato crudele e criticato da alcuni amici intellettuali che partecipavano al film. Quel dolore di Susanna e poi quel sorriso per la resurrezione del figlio, li vorrei inserire nell’“Urlo”, il film ancora incompiuto. E di ciò ringrazio l’amico Virgilio che mi ha messo amorevolmente sulla buona strada

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