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Morto un Troisi non se ne fa un altro

Era il 4 giugno del 1994 quando l’attore del noto gruppo La smorfia, regista e protagonista di tanti indimenticabili film, morì nei pressi di Roma a causa di un infarto. Da allora più nessuno è riuscito ad eguagliare la sua arte.
A cura di Eleonora D'Amore
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Sono 19 anni che Massimo Troisi ci ha lasciato. Troppo tempo senza lui, eppure sembra ieri che ascoltavamo al tg la triste notizia della sua dipartita. È morto a Ostia, vicino Roma, a casa dell’amata sorella Annamaria e si è congedato definitivamente dalla scena, scatenando un’eterna standing ovation. Uno spettacolo irripetibile per un personaggio senza pari, che ha voluto dosare con sapienza la sua arte per non svilirla. Una vita dedita al teatro e al cinema, una frenetica tarantella di generi resa celebre a suon di aneddoti e massime, esibita dinanzi al pubblico pur rimanendo fermo.

“Da domani mi alzo tardi”, infatti, soleva dire Massimino, scherzando su quella proverbiale pigrizia, che l’ha accompagnato fino alla fine e che gli è stata sempre perdonata dai fan, puntualmente ansiosi di applaudire uno dei suoi lavori che, però, arrivava sempre con estremo ritardo. Non faceva opere in serie, così come non amava con assidua frequenza, conservava la sua parte più preziosa per intensi momenti di studio e per le persone che davvero erano capaci di toccare la sua anima senza inciampare nella pericolosa grandezza della sua fama. Lo ha detto sua sorella Rosaria, l’ha ribadito poi l’ex compagna e collaboratrice Anna Pavignano, l’hanno confermato ciclicamente tutti i suoi amici: Massimo era un essere speciale, dotato di un cuore purtroppo “difettoso”, che gli ha consentito di vivere solo parte di un’esistenza fin troppo emozionante per ciò che la sua salute gli avrebbe concesso sin dall'inizio. Miracolato da giovane, non lo è stato una seconda volta e noi tutti abbiamo dovuto soffrire nella consapevolezza di aver perso qualcosa di eccezionale per un ultimo misero battito mancato.

A distanza di anni possiamo dire che aveva ragione Benigni quando, in una nota poesia dedicata all'amico Troisi, declamava: “per lui non vale il detto che è del Papa: morto un Troisi non se ne fa un altro”.

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