Nella lotta tra ‘Batman contro Superman’ vince Ben Affleck
“Batman v Superman: Dawn of Justice” è uscito nelle nostre sale il 23 marzo e, ad oggi, è riuscito già ad incassare 509.930.426 dollari. Ma, tuttora, in rete non si fa altro che parlare della performance di Ben Affleck che, nel film di Zack Snyder, è nei panni dell’Uomo Pipistrello. Tralasciando le critiche negative o positive sul film, il ruolo di Affleck ha catalizzato l’attenzione dei media fin dal primo giorno in cui è stato scelto per il ruolo di Batman. Sono partiti milioni di meme, critiche asprissime basate praticamente sul nulla, petizioni per la scelta di altri attori e così via. E adesso? Adesso, la rete è piena di fan e critici “pentiti”, di elogi verso una performance che ha lasciato in ombra Superman/Henry Cavill e che, ormai possiamo dirlo, è stata la vera grande sorpresa di questo atteso cinecomic.
Un Batman 3.0 che non ammette nostalgie e rimpianti
I detrattori hanno definito ‘Bat Affleck' goffo, monocorde, fuori parte, totalmente diverso da tutti gli altri divi che hanno portato sul grande schermo il famoso eroe della DC Comics. Ai più nostalgici è mancata la semplicità stilistica di Michael Keaton in “Batman” di Tim Burton, del 1989, o addirittura quella di Adam West, protagonista del primo lungometraggio del 1966, diretto da Leslie H. Martinson. Il confronto con Christian Bale, nella trilogia di Nolan, ha fatto il resto. Ma allora, a cosa è dovuto tutto questo successo? Beh, la risposta è probabilmente stata trovata anche da quelli che, inizialmente, ritenevano che il film si rivelasse un flop e che segnasse la fine della carriera dell’attore/regista, e cioè che il suo Batman è un personaggio maledettamente riuscito proprio perché “diverso” rispetto a tutti quelli che abbiamo visto finora.
Snyder, regista di “300” e “Watchmen”, lo pone al centro di questo scontro epico (e, indubbiamente, un po’ pasticciato), rifacendosi a piene mani al fumetto di Frank Miller, “Il ritorno del cavaliere oscuro”, del 1986, mostrandoci un eroe quasi 50enne, arrabbiato, disilluso, in preda agli incubi, ma che conserva innata la sua natura di vigilante. Il regista ci da in pasto un Batman 3.0 spigoloso e misterioso, così come un Bruce Wayne di classe, massiccio e magnetico, senza emulare alcun riferimento del passato. È un eroe che uccide (si, lo fa), ha un costume/armatura che farà storia e che ha il coraggio di sfidare un altro eroe, praticamente invincibile, ricorrendo semplicemente all’astuzia.
Il mix di coraggio e paura del vigilante
Nelle città di Gotham e Metropolis, ricreate dal visionario e ambizioso Snyder, Batman è nettamente più imponente di Superman. L’Uomo Pipistrello ha un bagaglio pesantissimo sulle spalle, fatto di sofferenze brutali e mai sparite, e rispetto all’amata e fugace Wonder Woman/Gal Gadot e all’eroe alieno, la sua caratterizzazione è quella che viene sviluppata e che convince di più. Il mix di coraggio e “umana” paura, la consapevolezza di poter morire con un semplice schiocco delle dita del “nemico” e il rinsavimento finale – che arriva come la quiete dopo la rabbiosa e violenta tempesta – tengono lo spettatore col fiato sospeso e sono il vero motore del (lunghissimo) film. Ebbene, tutte queste qualità sono evidenziate dalla regia di Snyder, ma rese sul grande schermo dal monocorde, goffo, fuori parte e odiato Ben Affleck. Che dire, probabilmente, o qualcosa non torna, o bisogna semplicemente ammettere che i pregiudizi su Affleck erano totalmente infondati.