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Neomelodici e camorra nel divertente “Song’ e Napule” dei Manetti Bros (RECENSIONE)

Nel film presentato fuori concorso al Festival del Film di Roma, Giampaolo Morelli è un divertente idolo neomelodico, in una commedia ispirata al poliziesco italiano degli anni ’70 che ha riscosso grande successo in sala.
A cura di Daniela Scotto
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Come tenere insieme nello stesso film il poliziottesco anno ’70 e i cantanti neomelodici napoletani? Sfida fin troppo facile per i Manetti Bros, che con “Song’ e Napule” hanno raccontato il microcosmo musicale tutto partenopeo con la chiave più giusta, ovviamente quella dell’ironia. L’idea del film è venuta al protagonista Giampaolo Morelli, che nel film interpreta l’idolo “frizzantino” Lollo Love, già diretto dai Manetti nelle varie serie tv dell’ “Ispettore Coliandro”, con cui l’attore si è fatto conoscere. E in effetti l’attore napoletano deve aver lavorato approfonditamente su come rendere verosimile il suo cantante di feste, che ha riprodotto in maniera sorprendente: sembrava proprio un Alessio come tanti, nulla da eccepire, a parte certe doti fisiche un tantino sopra la media.

Paco (Alessandro Roja), un mite ragazzo con gli occhiali diplomato in pianoforte al Conservatorio e che se ne va in giro in bicicletta perso nel suo mondo, beneficia di una raccomandazione per entrare in polizia, in seguito ad un esilarante colloquio tenuto dall’ormai indispensabile Carlo Buccirosso nei panni del Questore Vitali. Ma la vita adrenalinica non fa per lui e se ne rimane tranquillo in deposito, finché il commissario Cammarota (Paolo Sassanelli, altro interprete sempre a cavallo tra tv e cinema) non lo seleziona come infiltrato durante un matrimonio di camorra, al fine di catturare il terribile Ciro Serracane detto ‘O Fantasma (Peppe Servillo). Il cavallo di Troia è la band neomelodica di Lollo, in cui Paco sarà Pino Dynamite, il nuovo tastierista: gli toccherà aderire a quel genere e impararne tutti i motivi, salvo poi ritrovarsi circondato di affetto, anche grazie alla sorella di Lollo interpretata da Serena Rossi.

Gag di tamarraggini varie, tutti gli innegabili stereotipi del caso e sullo sfondo, una Napoli in look anni ’70 con tanto di inseguimento per i vicoli.

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Divertente e ben interpretata, sicuramente un passo avanti rispetto agli esperimenti di “L’arrivo di Wang” e “Paura 3D”, la commedia scanzonata beneficia di valide interpretazioni (forse eccessivamente sottotono proprio quella di Roja) e di quel contesto napoletano dove è veramente difficile non riuscire a strappare più di una fragorosa risata. Qualche sforbiciata qua e là e di sicuro il ritmo ne avrebbe guadagnato, che invece cede in qualche punto. Ma la follia dell’ambiente neomelodico c’è tutta e dalla prospettiva migliore, non poteva essere altrimenti visto che tra i numerosi videoclip girati dai registi troviamo anche Franco Ricciardi e Gigi D’Alessio. Ottimo riscontro in platea al Festival di Roma, dove il film è stato presentato fuori concorso.

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