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“Oasis: Supersonic”: dov’eravate voi quando ci stavamo sballando?

Il film-documentario dedicato agli Oasis è la storia di una rapida ascesa, un percorso fulmineo che ha portato i fratelli Gallagher dalla disoccupazione e le risse nei pub al tetto del mondo in soli quattro anni. Un tuffo nel passato, intenso ed emozionante, colossale come una sbronza. Consigliato a chi ha vissuto quegli anni ed ha almeno un disco degli Oasis sullo scaffale.
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"Where were you while we were getting high?". Che letteralmente vuol dire "dov'eravate voi quando ci stavamo sballando?", una frase simbolo di una canzone simbolo – "Champagne Supernova"- tra tante altre del repertorio degli Oasis che però sintetizza un percorso fulmineo, una rapida ascesa, più forte di una sbronza colossale, più mistica di qualsiasi esperienza psichedelica. Due fratelli che arrivano dalla working class di una fredda e violenta Manchester, negli anni dei rave, il sogno di formare una band e di fare qualcosa di epico rispetto a quello che viene proposto in giro e farlo con l'obiettivo di prendersi una grande rivincita nei confronti della vita.

"Oasis: Supersonic", il docufilm diretto da Mat Whitecross e realizzato dai produttori di "Amy", nelle sale italiane da ieri fino a mercoledì 9 novembre, è il racconto del loro destino, "quello di diventare la band più grande del pianeta". Un destino che li ha visti prima esibirsi tra locali lerci e dividersi tra musica, sussidi di disoccupazione e qualche arresto per rissa. Poi l'incontro, assolutamente fortuito, con Alan McGee, il boss della Creation Records, una delle etichette underground più forti in quel momento storico, che avviene in un locale di Glasgow, il King Tut's Wah Wah. È il 1993 e, dopo quell'esibizione arriva l'offerta di contratto, un tour, il primo disco e l'inizio di una storia accelerata fatta di eccessi e record.

Il destino, una frase che torna di continuo nelle parole di Liam e Noel che vanno ad alternarsi con le altre testimonianze, quelle del chitarrista Bonehead, la vera testa calda del gruppo, di Guigsy, il bassista con l'esaurimento nervoso, di Tony McCarroll, il batterista ripudiato, e ancora Marc Coyle, Paul Smith, lo stesso Alan McGee, il terzo fratello dei Gallagher, Paul, e in ultimo, ma non meno importante, mamma Peggie Gallagher, la donna che ha sempre sperato che i due litigiosi fratelli restassero uniti ma che, per un istinto materno, aveva visto nel futuro aspettandosi quella separazione culminata con la rissa del 2009.

Al racconto a posteriori si sovrappongono immagini di repertorio, molte di queste inedite, e tantissimo materiale video privato, dalle sale prove ai viaggi in aereo, dai momenti di relax in albergo ai backstage degli show televisivi. Vengono fuori così vere e proprie chicche, dialoghi a due o verso la telecamera. Tra questi Noel che, dopo aver firmato il primo contratto discografico, non fa mistero delle sue mire espansionistiche: "Voglio buttare giù dalla classifica Sting e Phil Collins! Anzi, voglio la testa di Phil Collins nel mio frigorifero entro questa decade". Ci è metaforicamente riuscito. 

"Oasis: Supersonic" si concentra di più sul periodo che va dal 1992 al 1996, dalla fase embrionale al concerto di Knebworth, quello che portò più di 25omila persone in un doppio concerto che, ad oggi, è ancora quello che ha avuto più richieste nella storia della musica. Furono in 2 milioni e mezzo a restare senza biglietto e, no, non ci fu nessuna replica. L'appuntamento con la storia, il 10 e l'11 agosto 1996, fu a numero chiuso. "Dopo quel concerto saremmo dovuti diventare fumo, sparire nel nulla. Eravamo al massimo, ma io ho voluto continuare perché è questo che volevo fare". Quella che doveva essere considerata come una svolta, fu in realtà la fine di quella magia che aveva portato cinque ragazzi, che da soli valevano poco ma che insieme creavano un'alchimia inspiegabilmente potente, a conquistare tutto il mondo in soli due anni e regalando alla storia della musica, due dei dischi più importanti degli anni '90: "Definitely Maybe" e "What's the story (Morning Glory)?".

Un'epoca d'oro, qualcosa che oggi è impossibile replicare. Una trafila, quella degli Oasis, che oggi non ha più spazio nell'immaginazione di chi vuole provare la stessa scalata. Il digitale, la musica liquida, le views, i social media, i talent e i reality hanno spazzato via tutto, finendo per cambiare inevitabilmente le regole del gioco. Le due rockstar ce l'hanno fatta a diventare un'icona, pur essendo essenzialmente due persone (e due talenti) mediocri.

Questa è la vera grandezza. Un'immagine da rockstar ribelli e una coerenza spettacolare fatta di risse e di liti continue, fatta di dichiarazioni spinte come quella sulle droghe. Quel "You do it, you do it" che i media britannici amplificarono all'ennesima potenza portando il caso alla Camera dei Lord. Forse gli Oasis sarebbero davvero dovuti finire nel giro di 3 o 4 anni, nel periodo di massimo splendore, proprio come rivelato con nostalgia da Noel nel finale del documentario. Magari con un'esplosione stellare, proprio come una supernova. Una "Champagne Supernova".

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