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Oscar 2017: nomination non più “So White”

La bufera degli “Oscar troppo bianchi” infuriata lo scorso anno ha fatto correre l’Academy ai ripari. Mai come nelle nomination 2017 la presenza di candidati afroamericani è stata così forte. E scatta il dubbio: si tratta di effettivo merito o di una scelta “politically correct”?
A cura di Valeria Morini
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Esattamente un anno fa, una vera e propria bufera si abbatteva su Hollywood. All'indomani delle nomination agli Oscar 2016, la Mecca del cinema fu letteralmente investita dalla polemica "OscarsSoWhite", lanciata da attori come Jada Pinkett Smith e esplosa in un tripudio di hashtag su Twitter, con l'invito a boicottare la cerimonia di premiazione. Il motivo: nessun afroamericano tra i candidati nelle categorie principali, per il secondo anno consecutivo. In un periodo in cui la violenza sulla gente di colore da parte della polizia era il tema del giorno, la scelta di ignorare gli appartenenti alla minoranza nera era parsa come un vero e proprio sintomo di razzismo in seno a un'Academy guidata, è vero, da una presidentessa di colore (Cheryl Boone Isaacs), ma che non conta nessun altro membro afroamericano nel suo CdA.

Come ha reagito l'Academy alla furiosa bagarre che ha tenuto banco per mesi? La risposta, oltre a una promessa riforma di radicale revisione interna (con un occhio non solo alle quote black, ma anche a quelle rosa), è facilmente leggibile dando una scorsa alle nomination agli Oscar 2017 appena annunciate. Quest'anno, infatti, sono addirittura sette gli attori di colore candidati (o comunque non bianchi) e il tema della minoranza nera negli Usa è clamorosamente al centro dei film nominati, in tendenza con quanto visto peraltro agli ultimi Golden Globe (dove anche nel settore tv è stato un trionfo black, con "Atlanta" premiata come miglior serie tv comedy).

Oscar 2017: tutti i nominati afroamericani

A correre per una statuetta agli Oscar 2017 sono così Denzel Washington (miglior attore per "Barriere", di cui Washington è anche regista), Ruth Negga (miglior attrice per "Loving"), Mahershala Ali (miglior attore non protagonista per "Moonlight"), Viola Davis (miglior attrice non protagonista per "Barriere"), Naomie Harris (miglior attrice non protagonista per "Moonlight") e Octavia Spencer (miglior attrice non protagonista per "Il diritto di contare"), cui non possiamo non aggiungere anche il britannico di origine indiana Dev Patel (miglior attore non protagonista per "Lion").

Ai nomi citati si accoda quello di Barry Jenkins, regista afroamericano di "Moonlight". Il particolare da sottolineare, però, è la già accennata centralità della questione "black" tra i titoli presenti in nomination. Il tema è affrontato in ben 3 dei 9 candidati come miglior film: si tratta di "Barriere" (da un testo teatrale cardine per la comunità nera), "Il diritto di contare" (storia della scienziata afroamericana Katherine Johnson) e il fresco vincitore ai Golden Globe"Moonlight" (racconto di formazione tutto ambientato nella minoranza nera), cui aggiungiamo anche in questo caso "Lion", storia di un ragazzo indiano adottato da una famiglia bianca. E ancora: nella categoria Miglior documentario 4 candidati su 5 sono registi di colore (Ava DuVernay per "13th", Raoul Peck per "I Am Not Your Negro", Ezra Edelman per "OJ: Made in America" e Roger Ross Williams per "Life, Animated"), cui fa eccezione solo il nostro Gianfranco Rosi di "Fuocoammare".

Insomma, la protesta "OscarsSoWhite" ha avuto giustizia. Il dubbio però è legittimo: e se la scelta dei nomi e titoli sopracitati fosse stata dettata più dal politicamente corretto che dall'effettivo merito? In questo caso, davvero una politica cerchiobottista può giovare alla comunità nera americana?

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