Perché ricordiamo gli Oscar e facciamo di tutto per dimenticare Sanremo
Sanremo e gli Oscar. Dai, se ridete subito non vale.
Due eventi che si susseguono in uno spazio temporale troppo ristretto perché non assalga l'irrefrenabile voglia di metterli a confronto (e di avvilirsi). La notte degli Academy Awards arriva sempre quando siamo ancora storditi dalla settimana dei fiori e, per naturale esterofilia, oppure per provincialismo, associamo quella serata di gala alla nostra. A volte il confronto può essere pretestuoso, quest'anno sembra doveroso. Per capirne il motivo si prega anzitutto di prendere visione dell'eccezionale apertura che Neil Patrick Harris, l'host di questa 87esima edizione degli Oscar, ha messo in piedi per inaugurare la serata.
Quando siamo riusciti nell'impresa di chiudere quella bocca rimasta spalancata, proviamo ad immaginarci come avrebbe agito il Nostro Carlo Conti se fosse stato al suo posto. Magari avrebbe esordito salendo sul palco con la famiglia di appassionati di cinema più numerosa d'America o, in alternativa, due simpatici anziani signori del Texas sposati da 87 anni, la stessa età degli Oscar; avrebbe ringraziato ad inizio serata tutti i tecnici e i telespettatori, tipo un'indulgenza anticipata per eventuali errori, il tutto prima di presentare una presentazione eccezionale che non ci si sarebbe dovuti perdere per niente al mondo. Se la cosa vi suona familiare non vi preoccupate, lo spoiling è il suo marchio di fabbrica, Conti non si limita a condurre, la tecnica infallibile è anticipare quello che condurrà, uno strano gioco di scatole cinesi, o lavaggio del cervello se si vuole.
Il confronto non regge, direte voi, sono due cose che nemmeno vanno messe a paragone. Ed è vero che il confronto non regge, ma è proprio il motivo stesso per cui le due cose possano essere accostate. Perché al netto della caratura dei due show e del campo di riferimento, una la musica e l'altro il cinema, Sanremo e gli Oscar sono due grandi eventi televisivi, due enormi contenitori che diventano, di fatto, quello che chi li conduce vuole metterci dentro. A chi li segue interessa la sostanza, ovvero chi vince, ma altrettanto importante è come li si accompagni agli esiti. E ogni anno, agli Oscar, si assiste alla sfida di rendere quell'edizione unica, diversa da ogni show televisivo e soprattutto dalle altre edizioni. Davanti a un Sanremo invece concepito per essere identico a tutte le altre trasmissioni della tv italiana, c'è stato chi, apprezzandolo, ha perorato la sua causa pronunciando frasi del tipo "Ma cosa si pretende? E' un Festival di canzonette/Conti ha riportato il tutto alla sua valenza vera/Si tratta di una gara di canzoni, i personaggi sono di contorno/Conti fa il presentatore ed ha presentato.
A fronte di ciò, ecco alcuni quesiti per chi, legittimamente, la pensa così: non sono anche gli Oscar una semplice sequela di premi? Non bastava anche lì un conduttore impiegato per presentarli? Perché le cose che si fanno da noi vengono fatte per essere fatte e non per essere ricordate? Perché la sensazione è che nessuno si azzarderà mai a condividere sulla propria bacheca il video del monologo di Pintus a Sanremo? Perché un'altra sensazione è che Sanremo, a differenza degli Oscar, non abbia fatto nulla per essere ricordato, ma anzi tutto affinché passasse inosservato?
N.b. Le risposte riferite al fatto che non siamo in America, che in platea ci sia Clint Eastwood al posto di Giletti, Julianne Moore in luogo di Cristina Parodi, oppure l'evergreen che lì ci siano più soldi da spendere, non saranno prese in considerazione, grazie.