Quentin Tarantino ad un giornalista: “Non sono la tua scimmia!” (VIDEO)
Tempi duri per uno dei registi più amati di sempre, Quentin Tarantino. Il suo ultimo capolavoro è stato battuto da “Texas Chainsaw 3D” nei botteghini americani e in piena campagna promozionale è stato intervistato da uno degli anchorman di Channel 4 News, Krishnan Guru-Murthy. I due hanno dato vita ad un'intervista senza precedenti, in cui Tarantino si è rifiutato di rispondere alle domande del giornalista. La discussione era iniziata nel migliore dei modi, con il regista che con fare rilassato tesseva le lodi del suo capolavoro Django. Dopo aver dichiarato di essere fiero di aver affrontato il tema della schiavitù (in America è un argomento ancora controverso e delicato) e di aver sollevato il dibattito, portando le persone ad interrogarsi sulla propria storia, ha affermato di aver voluto creare dalla sua penna una sorta di eroe nero:
Ho voluto dare agli schiavi americani un proprio eroe, che avrebbe ripagato con la stessa moneta dell'epoca, il sangue. Anche le persone a cui non è piaciuto il film
"Perché le piace girare film violenti?" – Un fraintendimento tra i due ha generato in Quentin una reazione piccata, in seguito alla domanda su come mai gli piaccia dirigere sempre "film violenti". La risposta del regista dapprima è stata ironica:
Non so, è come chiedere a Judd Apatow come mai adori dirigere commedie
Il fastidio è percepibile e Tarantino si è difense spiegando che la violenza nei suoi film è catartica, arriva per un motivo ben preciso; è vero che in Django c'è anche brutalità ai danni degli schiavi, ma la catarsi di cui l'eroe Django è protagonista ha lo scopo di rendere pan per focaccia con i suoi "padroni" una sorta di vendetta sull'idea del "sangue per sangue".
"Non crede che agli spettatori piacciano le sue scene violente così come piaccia la violenza nella vita reale?" – L'intento di Krishnan Guru-Murthy è stato quello di insinuare che forse, in un momento in cui gli States sono ancora scioccati per le continue tragedie, non sia stata una buona idea trasmettere sullo schermo una serie di efferatezze come in Django. La domanda è stata emblematica in tal senso: "Perché andare al cinema e godere di una scena violenta?". Basito, Tarantino ha replicato:
E' un film, è fantasia, non c'è niente di reale. E' semplicemente fantasia, ti siedi e sai che stai guardando uno show. E' come guardare un film di kung-fu e un uomo da solo riesce a farne fuori 100 con le sue mosse. E' divertimento!
L'anchorman però non si è arreso e gli ha chiesto: "E' sicuro che non ci sia un legame tra godere al cinema di una scena pregna di sangue e godere della violenza anche nella vita reale?". Il riferimento è inequivocabile ma il regista si è rifiutato di rispondere alla domanda:
Perché sono sicuro che non esista questo tipo di legame? Non mi faccia domande come questa. Mi rifiuto di rispondere. Non sono il tuo schiavo e tu non sei il mio padrone. Non puoi farmi "ballare secondo il tuo ritmo", non sono la tua scimmia ammaestrata.
La tensione tra i due è diventata palpabile e il giornalista verso fine intervista ha fatto il nome del protagonista Jamie Foxx, a proposito di una sua dichiarazione circa la violenza nei film; Tarantino lo ha fermato prima ancora che avesse terminato la domanda: "Dovresti chiederlo a lui, sono sicuro che è ancora qui fuori." Infine il regista ha cercato di chiudere la piccola querelle spiegando:
Sono qui per promuovere il mio film, non voglio parlare di qualcosa di cui TU vuoi che io parli. Non è mia intenzione parlare delle implicazioni della violenza. Non ho mai voluto, sai perché? Perché ne ho già parlato in precedenza e ho detto tutto quello che dovevo. Se qualcuno è interessato a sapere come la penso, può cercare in Google; ho già detto come la pensavo e negli ultimi 20 anni non ho cambiato idea.
L'anchorman ha provato ad uscire dalla situazione imbarazzante spiegando che il suo lavoro è quello di fare domande interessanti che scavino negli argomenti; e, ci permettiamo di aggiungere noi, cercando di non proporre un'intervista al totale asservimento di promozione di un film.