Simon Konianski, le radici che fanno ridere
Dal Festival di Roma, o meglio dalla sua sezione più interessante Extra, alle sale di tutta Italia, ne ha fatta di strada Simon Konianski e non solo nel film. Grazie a Fandango, il secondo lungometraggio di Micha Wald arriva nei cinema dal 9 aprile, una commedia bizzarra e sbilenca che racconta del viaggio del protagonista attraverso l’Europa e la propria cultura ebraica per seppellire il cadavere del padre; e cha ha portato a Roma il suo autore, per presentare il film alla stampa.
Drammi storici e quotidiani raccontati con umorismo: “faccio parte della terza generazione e ho vissuto i drammi della mia famiglia attraverso i racconti. Per cui il mio approccio è necessariamente meno diretto, quindi più vicino alla commedia”, racconta Wald, che si è ispirato alla propria famiglia, ma anche a romanzi contemporanei come Ogni cosa è illuminata di Foer (e rispettivo film di Schreiber) nel realizzare un film che “fa ridere, prendendo le storie della mia famiglia e rendendole anche meno esagerate, come il fratello di mio padre – che pensava di essere seguito dai servizi segreti – e altri personaggi estremamente eccentrici della mia famiglia”.
Auto-biografia, innanzitutto, ma anche capacità d’invenzione comica nel rileggere un’epica ebraica e yiddish mai seriosa e spesso provocatoria, come le magliette e i discorsi filo-palestinesi di Simon, dentro la realtà ma anche beatamente persa nelle proprie radici. La colonna sonora tra samba e cha cha e l’uso delle inquadrature come cornici comiche sottolineano il crescente talento di Wald, autore che fa parte di una generazione di registi ebrei che “hanno voglia di parlare di ciò che li riguarda, e lo fanno attraverso la commedia, un segno culturale secondo me forte, visto che nella tradizione ebraica, l'humour e la commedia sono centrali”. E che hanno trovato un ottimo prosecutore proprio in Wald.
Emanuele Rauco