Tra le nuvole con George Clooney, la nostra recensione
E' arrivato da un mesetto nelle nostre sale Tra le nuvole (Up in the air), il film di
(già regista dell'apprezzato Juno) che si è imposto come una delle rivelazioni della scorsa annata in America, raccogliendo pareri favorevoli quasi ovunque, e portando a casa addirittura 6 nominations all'Oscar. In Italia la sua uscita è stata soffocata da Avatar, Paranormal Activity, Moccia e Muccino, ma molti comunque l'hanno visto, e anche da noi i giudizi sono stati sostanzialmente positivi.
Ci troviamo di fronte a un film che cerca di mescolare commedia e dramma, per fornire un quadro non molto confortante della società contemporanea e della crisi che in questi anni ha colpito l'economia e il mondo del lavoro da un lato, e la sicurezza degli affetti e della famiglia dall'altro. Clooney, come sempre ammiccante e carismatico, è abbastanza a suo agio nel ruolo di colui che ha il difficile compito di licenziare le persone, cercando di alleggerire la tremenda notizia proponendo loro un (fasullo) futuro migliore. Dietro al suo lavoro, è però anche un uomo solo, che viaggia 300 giorni all'anno, non ha un indirizzo fisso, e crede di adorare la sua vita e la sua mancanza di affetti e legami, per poi però accorgersi che dentro di sè ha in realtà un grande vuoto.
Il film di Reitman è girato bene, e riesce a essere divertente al punto giusto, mettendo in luce il dramma sociale che la storia vorrebbe rappresentare, senza però calcare troppo la mano, cercando di restare su toni comunque leggeri. Soprattutto nella prima parte, Tra le nuvole è un lavoro riuscito, senza troppi guizzi ma piuttosto concreto e coinvolgente. Nella seconda metà, però, quando la storia si concentra soprattutto sul protagonista Ryan, la sua vita e il suo non ben definito rapporto con l'amante Alex, il film diventa più prevedibile, scontato e semplicistico, pur rimanendo piacevole fino alla fine.
Alessio Gradogna