“Vergognati put**na, fai schifo!” contro Jennifer Kent, la paura dell’uomo nero nel germe sessista
Venezia 2018 si tinge di nero come fosse un film horror. Un nero luttuoso, a causa del modo lapidario in cui un urlo lanciato dalla sala di proiezione di The Nightingale ha annientato lo spirito dell'intero Festival. Un Festival nato, quest'anno più degli altri anni, sulla scia del forte impeto femminista (o mi piacerebbe più dire solo femminile) del movimento Me Too, dopo un biennio costellato di bavagli strappati, battaglie per i diritti delle donne e lotte contro qualsiasi tipo di discriminazione e violenza, per le quote rosa di tutti i settori lavorativi nel mondo.
Invece è bastato un attimo, il dissenso nei confronti di un film, un pretesto qualsiasi, per capire che la strada per l'acquisizione di una coscienza pubblica è ancora lunga e piena di buche, generate da una cultura ancora troppo arretrata sulle questioni di genere. Una cultura che vorrebbe ossigenarsi, ma arranca in se stessa, come se ai buoni propositi mancassero gli strumenti per essere perseguiti.
Una cultura che alimenta il suo germe sessista di continuo e trova nuovi adepti, ma che, rispetto al passato, veste la maschera del problema risolto, della questione ormai obsoleta, spesso del fastidio verso qualsiasi forma di femminismo, reputandolo un approccio abusato. E allora non è una questione di scuse, il punto non è raccogliere il dispiacere di chi commette l'errore di pensare ad alta voce, ma prendere atto di come il riposizionamento femminile nella testa di una collettività sia qualcosa di più di uno spazio nel quale operare o della concessione di opportunità prima impensabili.
La giornalista e scrittrice Rebecca West disse: "Non ho mai capito esattamente cosa si intendesse per femminista. So soltanto che ho incontrato persone che mi hanno chiamata femminista ogni volta che esprimevo opinioni che mi distinguevano da uno zerbino". E forse si dovrebbe partire da lì, dalla concezione della donna e non dalla sua mera collocazione.
Ammissione e scuse del giornalista Sharif Meghdoud
La pellicola in questione era, appunto, quella della regista australiana Jennifer Kent, dal titolo The Nightingale. Un giovanissimo giornalista accreditato, a fine proiezione, ha urlato dalla sala "Vergognati pu…na, fai schifo!" e da lì l'indignazione generale. Come se non bastasse, visto che la Mostra del Cinema Venezia era finita già sotto accusa per la mancanza di donne registe in cartellone, e Jennifer Kent è l'unica che è riuscita a conquistare un posto in concorso. L'autore del gesto, Sharif Meghdoud accreditato per Shiva Produzioni, ha provato a scusarsi, scrivendo un lungo post su Facebook, prima di oscurare il profilo e preferire il momentaneo oblio. Il post era intitolato ‘Ci metto la faccia e mi prendo la responsabilità" e continuava così:
Sono stato io l’uomo che ieri sera, alla proiezione stampa di The Nightingale di Jennifer Kent, ha gridato un insulto deplorevole alla regista una volta apparso il suo nome. Per evitare alla base qualunque tipo di speculazione su cosa abbia detto, lo ripeto qua ‘Vergognati puttana, fai schifo.’. Un rigurgito uscito da una bocca che non pensava né a quello che diceva né alle relative conseguenze. Di base non sono contrario ai fischi e insulti alla fine delle proiezioni ai festival ma il mio gesto di ieri sera è da condannare per la sua estremamente esplicita e offensiva. Vorrei innanzitutto chiedere scusa a tutte le persone che si sono sentite offese dal mio gesto, alla regista Jennifer Kent alla quale auguro una splendida carriera e alla Biennale di Venezia e i direttori Paolo Baratta e Alberto Barbera per la brutta figura che ho fatto fare a livello internazionale. Ci tengo a specificare che il mio gesto identifica me e soltanto me come cafone, e non l’intero apparato giornalistico italiano che si trova attaccato da tutto il mondo nelle ultime ore. Il gesto di uno non dovrebbe rappresentare una collettività ma un’anomalia che garantisco non si ripeterà più. Ovviamente non penso e non ho mai pensato le cose che ho detto. L’insulto viene fuori da un pensiero irrazionale e iperbolico di un cinismo che potrebbe andare bene (ma in realtà anche no) al bar tra amici ma che è assolutamente fuori luogo all’interno di una Mostra d’Arte. Il gesto non è da pensare come attacco maschilista o misogino.
Il licenziamento nel post di Shiva Produzioni
Nonostante il giornalista abbia voluto fare un passo avanti, ammettere pubblicamente di aver sbagliato e scusarsi con le persone interessate, la testata per la quale lavorava, Shiva Produzioni, ha reso pubblico il suo allontanamento dal sito e la rimozione degli articoli scritti in tutto il periodo della collaborazione, inclusi quelli inviati dalla Mostra del cinema di Venezia 2018:
Cari amici di Shiva, ieri è accaduto un fatto terribilmente increscioso. Alla Mostra del cinema di Venezia, una volta conclusasi la proiezione di “The Nightingale” di Jennifer Kent, dalla platea qualcuno ha gridato gravi insulti indirizzati alla persona della cineasta. Insulti particolarmente squallidi e odiosi, in quanto caratterizzabili come sessisti. Il responsabile di tale gesto, per sua stessa ammissione, è risultato essere il signor Sharif Meghdoud, presente per l’occasione come accredito stampa di Shiva Produzioni. Shiva Produzioni è costernata per l’accaduto: un fatto vergognoso che non la rappresenta minimamente, e che ha gettato nello sconforto e nella vergogna tutta la redazione. Producendo quale primo effetto l’immediato allontanamento del signor Meghdoud dalla testata, congiuntamente alla cancellazione di TUTTI i suoi contributi, a partire da quelli relativi alla 75esima edizione della Biennale del cinema di Venezia. Attraverso questa presa di posizione affermiamo la nostra condanna ed estraneità verso simili comportamenti: che nulla hanno a che vedere con il cinema e la riflessione intorno ad esso, né tantomeno con qualsiasi discussione che possa minimamente dirsi civile. Nondimeno, poiché il signor Meghdoud si trovava in tale importante occasione quale nostro inviato, assumiamo in pieno le nostre responsabilità. Vorremmo pertanto indirizzare le nostre più sentite scuse in primo luogo alla signora Jennifer Kent; a tutti i presenti alla proiezione di “The Nightingale”; nonché agli organizzatori della 75esima Biennale del cinema di Venezia. Desideriamo inoltre scusarci con i colleghi della stampa specializzata italiana, e con tutti i nostri lettori. In entrambi i casi, per avervi così indegnamente rappresentati, offendendo ciò che più amiamo, ribadiamo la nostra più profonda costernazione.
La replica di Jennifer Kent
La stessa Jennifer Kent ha replicato a questo attacco incivile con fermezza: "È importante reagire con compassione e amore di fronte all'ignoranza. Altre opzioni non danno sollievo e il mio film lo dice chiaramente. Sono molto orgoglioso del film e del mio team per aver osato raccontare una storia che deve essere raccontata. L'amore, la compassione, la gentilezza sono la nostra ancora di salvezza, e se non li utilizziamo, andremo tutti giù per terra". Come unica donna in concorso, ha aggiunto: "Non riguarda me, ma è piuttosto difficile per me perché vorrei avere qui le mie sorelle registe. È importante muoversi verso la parità di genere. Il lavoro del cinema è quello di riflettere il mondo, e se riflette solo il 50% del mondo, allora non sta facendo il suo lavoro. È un problema molto serio ".
The Nightingale e The Babadook
FilmNation gestisce i diritti di vendita internazionali su "The Nightingale", prodotto da Causeway Films e Made Up Stories, non ha ancora alcun distributore negli Stati Uniti. Ambientato nel 1820 in Tasmania, vede Aisling Franciosi (attrice de "Il Trono di Spade") interpretare Clare, una giovane detenuta irlandese, mentre insegue un ufficiale britannico nelle aspre terre della Tasmania, decisa a vendicarsi per un terribile atto di violenza commesso contro la sua famiglia. Il primo lungometraggio della Kent risale al 2014: Babadook (The Babadook) era un horror psicologico, che narrava la storia di una madre e di suo figlio, perseguitati da uno spirito. Fu acclamato dalla critica internazionale come uno dei pochi film dell'orrore degni di nota dell'ultimo ventennio e ha ricevuto elogi anche da Stephen King, che lo ha definito "decisamente agghiacciante".