Welcome, la recensione
E' uscito nelle sale italiane lo scorso dicembre Welcome, diretto dal francese Philippe Lioret. Un film che ha riscosso notevole successo in giro per l'Europa, è stato premiato dal pubblico al Festival di Berlino e ha avuto ottimi incassi in madrepatria. I francesi l'hanno molto amato, tanto che ha conquistato ben 10 nominations ai prossimi Cesar, ovvero gli Oscar del cinema transalpino. Riconoscimenti giusti e meritati, perchè ci troviamo di fronte a un film davvero prezioso.
Lioret, con molta delicatezza e altrettanto rigore morale, mette in scena la storia del giovane Bilal, immigrato clandestino, che dall'Iraq arriva fino a Calais, deciso a superare in qualsiasi modo la frontiera per recarsi a Londra dalla sua ragazza che lo aspetta in Inghilterra. I suoi tentativi vanno però a vuoto, e lui, deciso a non demordere a costo della vita stessa, opta per l'impresa più folle: attraversare la Manica a nuoto. Ad aiutarlo in questa pazza idea c'è Simon, un istruttore francese di mezza età, profondamente solo e scosso dalla recente separazione dalla moglie di cui è ancora innamorato.
In Welcome il cinema si fa disegno sociale, straziante e doloroso. L'immigrato è un peso fastidioso, un oggetto che non vale nulla, crea solo problemi, non bisogna aiutarlo, ma anzi disfarsene. Persone senza una casa, ma con tanta dignità, che vivono in un'odissea quotidiana, respinti e derisi dalle istituzioni. In questo panorama desolante, soltanto la solidarietà del singolo può dare una mano a un ragazzo lontano dal suo amore, per inseguire un sogno forse impossibile, ma meritevole di ogni sforzo. Così, nell'affetto che cresce come un fiore giorno dopo giorno, Bilal insegue la sua follia, e Simon in lui trova motivo di vita e di energia, per combattere la disperazione verso colei che l'ha lasciato. Il tutto, dipinto da Lioret con uno stile intenso, vero, concreto, sincero, toccante e commovente.
Alessio Gradogna