A-Team, Liam Neeson nel remake del telefilm anni ‘80
Il modernariato è la base su cui ormai si fonda metà dell’industria cinematografica hollywoodiana, fatta di revival, mode, idee riciclate. Oltre a rifacimenti e ripartenze, le serie tv offrono non poco materiale di facile impatto per il cinema d’azione, spesso boccheggiante. Così A-Team, serie tv cialtronesca si Frank Lupo e Stephen J.Cannell, diventa un film per la regia di Joe Carnahan che mantiene ciò che promette. Un gruppo di quattro militari delle forze speciali si trovano incastrati in un gioco di potere per il traffico di matrici per fabbricare denaro falso: non sapendo di chi fidarsi si fideranno solo di loro stessi.
Azione pura con qualche fronzolo da thriller cospirativo, sceneggiata dal regista con Brian Bloom e Skip Woods e prodotta dai fratelli Scott (alle prese con Fincher e il capitano Nemo) all’insegna del divertimento grasso. Una trasposizione in un certo senso contraddittoria che da una parte cerca di giocare col mito dell’A-Team, pronunciando la parola piano (che porterà al tormentone “amo i piani ben riusciti”) ogni 3 minuti e reiterando le dinamiche comiche dei personaggi, ma dall’altra cerca di staccarsene adattandosi a una complessa realtà politica dove agenzie, forze armate e corpi speciali non riescono più a capire gli obiettivi e l’identità nazionale.
Forse è proprio qui il vero limite del film di Joe Carnahan, nell’aver complicato trame e atmosfere non riuscendo a integrare lo spirito scanzonato dei personaggi con quello cupo e moderno della narrazione. Fin dal prologo, lungo quasi 20 minuti come fosse un film di 007, la sceneggiatura manca di semplice compattezza sostituita da cospirazioni e un ambiguo senso di solidarietà militarista, costringendo Carnahan a sbrodolarsi addosso e a dare il meglio nel finale, non a caso segnato dalla frase chiave “L’esagerazione è sottovalutata”, e quindi via libera a esplosioni, fuochi d’artificio, voli e botte, persino un gioco delle tre carte fatto con tre container. Film per appassionati del cinema “tamarro”, o almeno di un cinema che nega la realtà e costruisce leggi fisiche proprie: tra cui quella che Liam Neeson debba solo fare divertissement senza logica (come Scontro tra titani) o che il P.E.Baracus di Mr.T è irripetibile, di sicuro non dal blando Quinton Jackson.
Emanuele Rauco