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Attori scomparsi che rivivono al cinema: ecco i “Final Picture Show”

La cinematografia americana ci ha spesso consegnato, involontariamente, uscite cinematografiche i cui protagonisti fossero morti prima della fine delle riprese. Esiste una lunga schiera di esempi e solo l’ultimo anno ce ne ha consegnati diversi.
A cura di A. P.
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Jack Nicholson, che c'era passato, aveva fatto sapere a Heath Ledger del pericolo potenziale che il ruolo di Joker avesse insito in sé, del dramma interiore che doveva comportare immergersi a pieno in un personaggio dotato di una tale crudeltà mascherata da non poter essere digerito nella sua interessa. Alla base della morte del giovanissimo attore, il quale guadagnò un Oscar postumo all'interpretazione per il suo ruolo ne "Il Cavaliere Oscuro", pare ci fosse stato quel ruolo stesso, o almeno è questa la leggenda celata alle spalle di una vicenda decorata da caratteri così lugubri e astratti rispetto alla realtà quotidiana. Heath Ledger è il capostipite di quella categoria che, mai come quest'anno, si è arricchita di membri, ovvero di quegli attori morti nella realtà che rivivono al cinema: schiavi degli anglicismi come siamo, li chiameremo anche noi "Final Picture Show".

Seymour Hoffman e Mickey Rooney

In ordine, nel corso degli ultimi mesi abbiamo assistito alla morte in un incidente del noto Paul Walker, interprete di Fast & Furious tragicamente scomparso e compianto da amici e appassionati: tra qualche mese il viso dell'attore sarà nostalgicamente nelle sale di tutto il mondo prima con il poliziesco Brick Mansions, poi con l'episodio numero 7 di Fast & Furious (le cui riprese sono state concluse in suo ricordo), in uscita nell'aprile 2015. In circostanze ancora più tragiche scompare nel gennaio di quest'anno il talentuoso e stimato, oltre che altrettanto compianto, Philip Seymour Hoffman, volto arcinoto della cinematografia internazionale sulla cui morte sono stati macinati centinaia e centinaia di link internet, oltre che pagine di giornale, al fine di capire quale sia la logica perversa che possa condurre un attore a darsi completamente, senza escludere il farsi del male, pur di annullarsi per il bene di una parte. Anche Hoffman ritornerà a breve nelle sale, prima con God's Pocket, presentato al Sundance Film Festival e distribuito solo lo scorso maggio negli USA, poi l'atteso Hunger Games: Il canto della rivolta, film separato in due; infine, ad ottobre, uscirà La spia – A most wanted men, thriller politico di Anton Corbijn. Di questa non-ottima annata fa parte un altro volto arcinoto negli ambienti hollywoodiani, la cui morte non si è consumata in circostanze drammatiche, ma è giunta piuttosto per vicissitudini naturali: si tratta di Mickey Rooney, il caratterista 92enne scomparso poche settimane fa, che comparirà nei prossimi mesi in due pellicole: Dr. Jekyll e Mr. Hyde, in post-produzione, e Una notte al museo 3: Il segreto della tomba, con Robin Williams e Ben Stiller.

Nel passato, da Withney Houston a Brandon Lee

Gli esempi tuttavia si trovano anche guardando a ritroso, perché quello dei "Final Picture Show" non è un fenomeno nato oggi. Ad esempio va annoverata anche l'apparizione postuma di Withney Houston in "Sparkle" del 2012. La cantante era morta pochi mesi prima la fine della post produzione del film e il ruolo nel film assunse le sembianze di un addio pubblico, dopo che era stata trovata senza vita in una vasca da bagno. Non è da meno Brandon Lee, che morì esattamente otto giorni prima la fine delle riprese de "Il Corvo" per l'arcinoto tragico evento di una una pallottola finta, sparata a sei metri di distanza, che avrebbe dovuto attivare un dispositivo applicato sulla pancia di Lee e simulare un'esplosione, cosa che non si verificò. Ma la lista è lunghissima e torna indietro di parecchi anni: da Spencer Tracy a Marylin Monroe, Michael Gordon come Gary Cooper, Clark Gable e James Dean e ancora Natalie Wood e Peter Finch. Sono tutti nomi contestualizzati alla lista di coloro che hanno perso la vita prima che un film nel quale comparissero venisse completato. Manco a dirlo, eventi di questo tipo, specie nell'era recente, risultano essere involontari trampolini di lancio per gli incassi al cinema, che grazie all'effetto amarcord tendono inesorabilmente a schizzare in alto. Saranno contenti i produttori, ammesso che si possa essere contenti di questo.

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