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Brad Pitt preferito agli attori di colore, è polemica per “12 anni Schiavo”

Polemiche a sfondo razzista per i manifesti italiani di “12 anni schiavo”, con la produzione che mette in primo piano gli attori bianchi a scapito del vero protagonista, Chiwetel Ejiofor.
A cura di Ciro Brandi
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Polemiche a sfondo razzista per i manifesti italiani di "12 anni schiavo", con la produzione che mette in primo piano gli attori bianchi a scapito del vero protagonista, Chiwetel Ejiofor.
12 anni schiavo”, il film di Steve McQueen, è candidato a 7 Golden Globe e, probabilmente, ad altrettanti Oscar. La pellicola uscirà nelle nostre sale il prossimo 20 febbraio, ma in queste ore, in rete non si fa altro che parlare dei poster promozionali italiani, addirittura tacciati di razzismo. Il motivo? Ebbene, sulle nostre locandine, campeggiano le gigantografie di Brad Pitt e Michael Fassbender, i protagonisti bianchi del film, mentre la storia è incentrata sull’attore di colore  Chiwetel Ejiofor – nel ruolo dello schiavo Solomon Northup – sicuramente meno noto in Italia, ma messo inesorabilmente in secondo piano nei nostri poster.

Il fatto non è sfuggito al sito americano BuzzFeed che, attraverso una segnalazione di un utente Tumblr, è riuscito a recuperare le locandine e a farle rimbalzare in tutto il mondo. Il sito parla di “provincialità” degli italiani, che hanno preferito usare l’immagine di Brad Pitt – produttore del film e attore solo per pochi minuti nella pellicola in questione – anziché elogiare la magnifica performance di Ejiofor che sta raccogliendo tantissimi consensi in USA, compresa l’ambita nomination ai Golden Globe come Miglior attore protagonista.

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L’altro attore che campeggia sui poster è Michael Fassbender, star di un altro grandissimo film di McQueen, “Shame”, e candidato ai Golden Globe come Miglior attore non protagonista. Anche quest’ultimo è sicuramente più noto in Europa di Ejiofor, quindi ci si chiede se la BiM, che si occuperà della distribuzione italiana, abbia usato le foto dei due attori per motivi puramente commerciali, o se (ma non vogliamo credere che sia così), ci sia davvero una discriminazione di fondo. Intanto, la polemica si è diffusa a macchia d’olio e, temiamo, che continuerà a lungo.

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