Brian De Palma, talento visivo applicato al cinema
Brian De Palma è senza dubbio, da svariati lustri, insieme ai vari Coppola, Scorsese e Spielberg, uno degli autori più importanti di Hollywood. Nel bene e nel male, ha saputo creare una poetica propria, partendo dalla rivisitazione dello stile hitchcockiano per poi modellare una visionarietà e un'idea di cinema unica e personale, elementi che hanno reso i suoi film facilmente distinguibili e identificabili. Tra pochi mesi compirà 70 anni, ma ogni suo nuovo lavoro continua a scuotere l'interesse generale, tra l'adorazione intoccabile di alcuni e i dubbi di altri.
De Palma infatti è uno di quei registi che è facile amare forsennatamente, o al contrario respingere con tutte le proprie forze. Il suo estremismo visivo può ammaliare o irritare, ed è difficile porsi a metà strada. Una cosa è comunque certa: il regista americano, cantore del piano sequenza e dello split-screen, ci ha regalato in questi anni film strepitosi e indimenticabili: dal thriller giovanile Le due sorelle al leggendario Carrie, dal gotico e anarchico Il fantasma del palcoscenico al devastante Fury, da Blow Out a Omicidio a luci rosse, dal mastodontico Scarface al lirico Gli intoccabili, dall'appassionante Carlito's Way all'eroticissimo Femme Fatale. Fino ad arrivare all'ultimo, splendido, Redacted.
Nel mezzo però anche alcune cadute di tono, film decisamente non riusciti, deragliati dalla strada maestra. Ne è un esempio The Black Dahlia, realizzato nel 2006, tratto da un romanzo di James Ellroy, impeccabile come sempre dal punto di vista stilistico (la superbia di De Palma nel muovere la macchina da presa è indiscutibile), ma povero dal punto di vista dei contenuti, penalizzato da una sceneggiatura zeppa di lacune, e appesantito da una messinscena che percorre mille direzioni senza giungere a nessuna meta. Una macchia, non l'unica, in una carriera comunque di livello eccelso.
Alessio Gradogna