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Carlo Verdone: “Il mio film bloccato dal coronavirus, voglio che esca in sala. Spero a gennaio 2021”

Fanpage.it ha intervistato Carlo Verdone in occasione della sua prima personale fotografica al museo Madre di Napoli, dal titolo Nuvole e colori, che sarà esposta fino al 1 novembre 2020. Un’occasione per parlare di fotografia ma anche di cinema e musica, nel ricordo dei suoi primi film, Un sacco bello e Bianco Rosso e Verdone, e del maestro Ennio Morricone. Per l’ultima pellicola, Si vive una volta sola, bloccata dal Covid, si aspetta impazienti di tornare in sala: “Io e De Laurentiis abbiamo una speranza, metà gennaio 2021”
A cura di Eleonora D'Amore
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Un tricolore che non smette di inorgoglire: Bianco, Rosso e Carlo Verdone. Fanpage.it ha intervistato il regista e attore romano in occasione della sua prima personale fotografica al museo Madre di Napoli, dal titolo Nuvole e colori, che sarà esposta fino al 1 novembre 2020. Il tour in Campania continua con il Festival del cinema di Benevento, dove Verdone ha ricevuto il premio alla carriera e ha reso omaggio a Ennio Morricone con la proiezione del film Bianco Rosso e Verdone, il secondo della sua filmografia, al quale il grande maestro scomparso ha contribuito con le sue magiche musiche.

Quest'anno decorrono i 40 anni di Un sacco bello, ma tu hai scelto Bianco Rosso e Verdone. Perché?

Ho scelto Bianco Rosso e Verdone anziché Un Sacco bello perché in quel film la musica di Ennio Morricone era veramente molto particolare, soprattutto nel pezzo del cimiterino, io e la nonna (la sora Lella, ndr). Ha dei momenti molto molto poetici. Mi ha esaltato Ennio, molto, in entrambi i film.

Carlo Verdone e la Sora Lella nella scena del cimiterino
Carlo Verdone e la Sora Lella nella scena del cimiterino

Qual è il più grande insegnamento che ti ha lasciato Morricone?

L’insegnamento che mi ha lasciato Morricone è uno: la grande disciplina. Questo è un lavoro che si può andare avanti come sono andato avanti io, il talento è ovvio che non deve mancare, poi si cambia negli anni, non si è più ragazzi, si fanno altre cose, però la disciplina deve essere mantenuta fino alla fine. Senza disciplina, senza rigore, non vai da nessuna parte. Questo è un lavoro molto delicato, molto molto molto. Ennio era un musicista molto serio, quindi vedendolo lavorare, vedendolo con che profondità prendeva le cose, con quale serietà, è stato un bell’esempio. Io ho seguito tutte le musiche quando le ha composte quindi è stato bello vedere lavorare un grande professionista e un immenso creativo.

Da Morricone a Gaetano Curreri con gli Stadio passando per Vasco Rossi e arrivando ai miti del rock inglese e americano. La musica nei tuoi film è sempre stata un'estensione della parola.

La musica è un’integrazione, io vorrei utilizzarla un po’ di più però mi dovrei fermare con il diluvio di parole che ogni commedia ha. Le commedie hanno questo: il bello e il limite. Un diluvio di parole che alla fine non ti dà la possibilità di poter uscire fuori, di fare un bell’esterno, di mettere anche un momento di grande poesia.

Il tuo ultimo film, Si vive una volta sola, è stato fermato ai box dal Covid. Quando uscirà?

Noi abbiamo una speranza, la speranza si chiama ‘metà gennaio 2021’, quindi probabilmente se tutto va bene, numeri di contagi permettendo, a un anno di distanza da quella che doveva essere l’uscita, usciremo anche noi. Sia io che De  Laurentiis abbiamo stabilito che il film deve uscire in sala. Aspetteremo quello che c’è da aspettare. Poi ci tengo molto a questo film quindi vorrei che il pubblico lo vedesse in sala, anche come festeggiamento di uno scampato pericolo, perché vorrà dire che saremo più sicuri.

La capacità di racconto che hai sulla tua pagina Facebook l'ha resa un luogo di ritrovo per milioni di persone. Qual è il tuo rapporto con i social?

Sui social io non mi metto a fare il ragioniere di ciò che devo scrivere. Se ho un’immagine, in 30 o 60 secondi scrivo e lo invio allo staff, che me lo pubblica. L’importante è non essere banali e avere qualcosa da dire. Quelli che non hanno niente da dire  ti fotografano l’aragosta che stanno mangiando la sera, però se lo fa Chiara Ferragni ha un senso, se lo devo postare io preferisco trasmettere o un qualcosa del passato o che abbia un significato, perché sennò sarebbe una fatica inutile e sarebbe anche un po’ sminuirsi.

Di te hai detto: "E forse questa è stata la mia grande fortuna: ammirare. Più che essere ammirato". Ti senti più fan che un protagonista?

Ma meno male, è la mia fortuna. Vuol dire che ho ancora un pezzo di umanità che mi appartiene, sennò se pensassi sempre a me stesso andrei in esaurimento e sarei un povero pazzo, sarei una persona mediocre. Io voglio essere, anche se difficile, come il pubblico normale.

Nel tuo baule dei ricordi possiedi musicassette, stampe e vinili da collezione. E nella tua segreteria telefonica custodisci tre voci: quella di tuo padre, di Massimo Troisi e di Francesco Nuti.

Sì però ti posso dire una cosa? Mi fa molta tristezza risentirle. Le ho sentite una volta, mi è bastato. Voglio solo ricordare e non sentire, perché mi fa dolore.

Sei a Napoli con la tua prima mostra fotografica, esposta fino a novembre 2021… 

Sì, spero che questa meravigliosa città mi porti fortuna e chissà che un giorno non venga finalmente a girare un film qua.

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