Cinecomic: il cinema del fumetto che manca all’Italia
È un discorso lungo da fare, lo so. E se mi permettete la prenderò anche un po’ alla larga, cominciando dagli Stati Uniti e dal loro mercato. Perché il centro del mondo, almeno per quanto riguarda i cinecomic, sono ancora gli Stati Uniti che tra Marvel Studios/Disney e DC Comics/Warner Bros. detengono i diritti dei supereroi più famosi – e seguiti – di sempre. (Ci sono anche la Fox e la Sony, con i franchise rispettivamente degli X-Men e di Spider-Man. Ma non voglio prendermela così alla larga – esagererei).
Dunque, dicevamo: cinecomics. Sono quelli che fanno fare soldi, oggi. I soldi veri. Quelli che, volente o no, ti riempiono il cinema, che ti fanno fare il tutto esaurito e che anche quando si tratta di merchandising o di home video attirano sempre pubblico. Cosa che non fanno le commedie nostrane che sì, certo, incassano (vedi Zalone e simili) ma che non riescono a creare un vero e proprio pubblico di fedeli (-issimi?) spettatori.
No, il futuro nasce sulle carte stampate dei fumetti e arriva a cinema diretto da registi del calibro di Christopher Nolan, Joss Whedon e Zack Snyder. È il futuro che rischia, se non si sta attenti, di soppiantare la qualità e la ricercatezza – ma che non per questo va isolato o condannato. In Italia, un futuro così non ha – pausa – futuro. In Italia, non siamo educati al fumetto. E i nostri fumetti non sono certo pieni di eroi o di personaggi incredibili come quelli della Marvel o della DC. Ma diamo tempo al tempo. Arriveremo a questo.
Torniamo a parlare per un momento degli USA, dove, appena pochi giorni fa, ha fatto il suo esordio un altro film: i Guardiani della Galassia. Che hanno, tra altissime aspettative ed ansie manageriali, fatto il tutto esaurito. 94 milioni di dollari, diventati 106 dopo lunedì, nel primo weekend. Un risultato che ha riscritto ogni record e, in particolare, “ogni record di agosto al botteghino a stelle e strisce”. E questo va bene – va bene se sei uno dei mercati che lo distribuiranno nel breve termine. Cosa che, indovinate un po’, non ha fatto l’Italia, rinviando l’uscita al 22 Ottobre. Perché? Perché il pubblico italiano, d’estate, va al mare. Questo pensano i distributori. E va bene così (per loro, che non tengono conto dei numeri di Apes Revolution che in solo weekend ha fatto quasi 2 milioni di euro, o di Transformers di Michael Bay).
Non solo mancano i personaggi, ma manca anche il coraggio – dei distributori e delle produzioni – in Italia. In un’epoca come la nostra dove c’è crisi di idee e di soggetti (e non lo dico io, ma la serie infinita di remake e reboot che da Hollywood all’estremo oriente continuano a riempire le sale di tutto il mondo), non cogliere la palla – qualunque essa sia – al balzo potrebbe essere fatale. In modo, temo, letterale.
Negli USA hanno capito su cosa puntare: i cinecomic. In Italia? Certo, abbiamo una storia, dei trascorsi – siamo il paese del neorealismo. Ma non possiamo certo ancorarci a questo. Dobbiamo crescere, innovarci, essere di nuovo competitivi. E dobbiamo, ancora una volta, dare fondo a tutte le nostre risorse – anche ai nostri fumetti, che sono di una qualità diversa rispetto a quelli americani. Sono più introspettivi, intimi, sentiti. Più vicini al lettore. Sono storie, non super-storie. C’è la vita di ogni giorno tra le pagine disegnate da Gipi e Zerocalcare (per fare due tra i nomi più importanti), e questo potrebbe essere anche una buona cosa – sapessimo sfruttarla.
Abbiamo anche Leo Ortolani con il suo Rat-Man: ma di un film, o di una serie, a parte quella animata che andò in onda su Rai2, ad oggi non si sa ancora niente. E chissà se ne sapremo mai qualcosa. No, per adesso si parla solo di un adattamento cinematografico de La Profezia dell’Armadillo di Michele Zerocalcare. Adattamento diretto da Valerio Mastandrea e che solo il 24 Giugno scorso ha cominciato – con i casting – a muoversi.
In realtà, la “vera” risposta – se di una risposta si può parlare – ai cinecomic americani è rappresentata da Il ragazzo invisibile di Gabriele Salvatores, che proprio per volere del suo autore, Salvatores appunto, rappresenta il primo film del genere, tra il fantasy e l’action. La storia di un adolescente, un ragazzino, che scopre di avere un (super) potere, l’invisibilità, e che decide di usarlo per fare del bene (a se stesso, all’inizio, e agli altri, alla fine).
Concludere così, con una finestra aperta sul prossimo futuro cinematografico italiano, potrebbe essere la cosa migliore. Potrebbe lasciare un po’ di speranza dove la speranza, purtroppo, manca. La verità è che anche questa volta l’Italia sta mancando le occasioni vere, e si sta tenendo fuori. I giovani, mi viene da dire; bisogna puntare sui giovani. Come Claudio Di Biagio o Luca Vecchi che, nonostante tutto, nonostante i diritti ceduti di Dylan Dog, hanno provato a creare il loro (fan) movie sull’Indagatore dell’Incubo, e a rilanciare un genere. Un genere che, molto semplicemente, in Italia non esiste. Non ancora.
La lezione migliore è quella che si impara. Anche dopo aver sbagliato. E noi, per adesso, non stiamo ancora imparando nulla dai nostri errori: lo dimostra la mancata distribuzione dei Guardiani della Galassia (troppo tempo per un paese come il nostro dove la pirateria non si riesce a combattere, e in cui, poco ma sicuro, gireranno copie del film prima della data d’uscita); lo dimostrano i tanti capolavori, fumetti, lasciati sugli scaffali. E lo dimostrano le idee che ammuffiscono nelle teste di chi le pensa.
La verità è questa: ci vuole coraggio. Anche per fare una cosa terribile – nel senso più alto possibile – come i soldi. Gli americani, ancora una volta, l’hanno avuto. Noi che cosa aspettiamo?
L'immagine in copertina è un disegno di Zerocalcare.