Diego Abatantuono regista di Area Paradiso una fiction sul razzismo per Mediaset
Raggiunse il successo con il famoso personaggio dell'immigrato meridionale a Milano, grazie alle conoscenze nel mondo del cabaret del Derby di Milano, di cui la sua famiglia era proprietaria. Diego Abatantuono ha cominciato la sua carriera con le migliori delle conoscenze, ospitò il gruppo di artisti I Gatti di Vicolo Miracoli di cui facevano parte Jerry Calà, Umberto Smaila e Nini Salerno, e iniziò ad appassionarsi al loro lavoro. In poco tempo arriva il cinema, qualche apparizione fugace, ma in film di grandi nomi come il censurato Pap'occhio di Arbore e Il tango della poesia di Steno, ruolo che ottenne grazie a Monica Vitti immensa attrice italiana omaggiata a Cannes 2009.
La sua maschera comica popolare lo perseguitò, in positivo e negativo, per molti altri film successivi: Eccezziunale Veramente dello sbancatore di botteghino Carlo Vanzina, I Fichissimi, Attila Flagello di Dio, Grand Hotel Excelsior tutte pellicole culto degli anni ottanta. La collaborazione con Avati iniziò per caso, grazie ad una telefonata, ma scoprì il suo talento per la rappresentazione drammatica: Regalo di Natale,Il testimone dello sposo, La cena per farli conoscere accanto alla luce spagnola Vanessa Incontrada, e Gli amici del bar Margherita, che portarono all'altra sua grande amicizia professionale e quasi familiare con Gabriele Salvatores. Da Marrakech Express a Happy Family, passando dall'Oscar di Mediterraneo, Abatantuono si plasmò sul cinema di qualità italiano, fino a portarlo a creare una sua casa di produzione, la Colorado Film.
L'ambizione da regista mancava nel suo curriculum, ma lui abituato a reinventarsi e a fidarsi poco se non del suo istinto, vuole provarci "per vedere se sono capace". La fiction si intitolerà Area Paradiso e sarà incentrata sull'integrazione e disgregazione etnica. Oltre che regista il Diegone nazionale sarà anche attore nel suo stesso prodotto, vedremo se dalla tv gli verrà in mente di passare anche al grande schermo, dietro la macchina da presa.
Ambra Zamuner