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I cinema non riaprono, gli esercenti: “Immotivato l’obbligo della mascherina nelle sale”

Il 15 giugno 2020 i cinema dovrebbero riaprire ma a quanto pare non sarà così, almeno fin quando i protocolli inseriti nel DPCM del 17 maggio per la riapertura delle sale cinematografiche non contempleranno le richieste degli esercenti per una maggiore sostenibilità economica. L’obbligo della mascherina dopo aver preso posto, con distanziamento garantito, e l’impossibilità di consumare cibi e bevande anche nelle aree ristoro ha portato l’ANEC a formulare una nota che contiene la decisione dei cinema di non riaprire.
A cura di Eleonora D'Amore
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Il 15 giugno 2020 i cinema dovrebbero riaprire ma a quanto pare non sarà così, almeno fin quando i protocolli inseriti nel DPCM del 17 maggio per la riapertura delle sale cinematografiche non contempleranno le richieste degli esercenti per una maggiore sostenibilità economica. Con una lunga nota, l'ANEC (Associazione Nazionale Esercenti Cinema) ha spiegato i motivi alla base del rifiuto di ripartire. In primis, l'obbligo delle mascherine una volta preso posto in sala, nonostante la garanzia del distanziamento e delle norme di sicurezza all'ingresso.

Sicuramente sono stati fatti passi avanti con la deroga al distanziamento interpersonale per la visione con i propri familiari, ma il permanere dell’obbligo dell’uso della mascherina anche dopo aver preso posto in sala rimane incomprensibile. Le misure per le sale cinematografiche impongono il distanziamento di almeno un metro e, così come previsto in altre attività commerciali, si ritiene che al momento della occupazione del posto in sala il cliente possa rimuovere la protezione delle vie aeree, al pari di quanto definito per il settore della ristorazione.

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Il modello francese e la richiesta di maggiore apertura

Una contestazione che prosegue con l'aggiunta delle penalizzazioni, già in essere, della condivisione dell'esperienza in sala e del consumo di cibi e bevande durante le proiezioni. L'ANEC illustra la situazione a livello europeo, sottolineando come le misure restrittive dell'Italia non siano allineate alla contesto epidemiologico, che attualmente consentirebbe una maggiore apertura sugli aspetti sopra citati: "Le linee guida per la riapertura dei cinema nei principali Paesi Europei, come la Francia, non prevedono obbligo della mascherina durante la visione del film, consentono chiaramente la vendita di prodotti dalle aree ristoro e definiscono chiaramente che lo spazio libero fra gli spettatori in sala, salvo le deroghe per familiari, deve essere garantito con una sola poltrona libera. L’attuale situazione epidemiologica e le misure concesse alle altre attività aperte al pubblico permettono di allineare i protocolli per la riapertura dei cinema italiani a quanto disposto in Francia e negli altri Paesi Europei". E sebbene ci sia chi la pensa, a monte, come Spike Lee, intenzionato a non tornare al cinema fino all'arrivo di un vaccino, c'è anche chi desidera tornare in sala e vorrebbe che il ‘conflitto' tra le parti venga sedato in tempo per consentire la ripartenza con una programmazione di film abbandonati nel limbo del lockdown.

I cinema rimarranno chiusi

La conclusione della nota è lapidaria e non consente di vedere una luce, al momento, per le riaperture dei cinema dal 15 giugno, con un pensiero finale ai numerosi lavoratori del settore che a breve si troveranno sprovvisti di ammortizzatori sociali e altre forme di supporto economico: "I cinema intenzionati a riaprire la prossima settimana rimarranno chiusi, in queste condizioni, rallentando il già difficile processo di ritorno alla normalità per il settore dell’intrattenimento che vede, peraltro, ulteriori limitazioni nelle capienze diversamente a quanto invece disposto per le attività fieristiche, convegnistiche e i luoghi di culto. Auspichiamo che si concretizzi questo percorso, in previsione del prossimo aggiornamento delle linee guida nazionali a cura del Comitato Tecnico Scientifico, permettendo ai numerosi lavoratori ancora a casa di poter tornare a lavoro, evitando peraltro ogni rischio nascente con l’imminente fine della copertura degli ammortizzatori sociali”.

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