Gabriele Salvatores, lo sperimentatore curioso compie 65 anni
Una ventina di film gli sono bastati per entrare nella storia del cinema italiano a piendo diritto. Gabriele Salvatores, nato a Napoli esattamente 65 anni fa, nel 1992 ha fatto suo l’Oscar come Miglior film in lingua straniera per il meraviglioso “Mediterraneo”, e da lì non si è più fermato, inanellando un capolavoro dopo l’altro. La critica lo ha definito un poeta, un regista onirico che ha fatto del suo cinema qualcosa al di fuori del tempo, un geniale, curioso e instancabile sperimentatore dallo stile inconfondibile, che ha saputo rinnovarsi senza mai fossilizzarsi in un genere unico.
Il teatro, i primi film e “Marrakesh Express”
Molto giovane, Salvatores si trasferisce a Milano con la famiglia. Qui, dopo aver conseguito il diploma al Liceo Beccaria, a soli 22 anni scopre la passione per il teatro, iscrivendosi al Piccolo, e fondando poi il Teatro dell’Elfo, con l’amico Ferdinando Bruni. Insieme diressero molti spettacoli d’avanguardia per quasi 27 anni, fino al 1989. Nel 1983, ispirato da uno dei lavori messi in scena a teatro, nasce il suo esordio cinematografico, con “Sogno di una notte d’estate” – basato sulla nota commedia shakespeariana – con Alberto Lionello, Erika Blanc, Luca Barbareschi e Alessandro Haber e la cantante Gianna Nannini. Nel 1987 esce “Kamikazen – Ultima notte a Milano”, con Claudio Bisio, Antonio Catania, Silvio Orlando, Paolo Rossi, Bebo Storti, Gigio Alberto, David Riondino e altri volti noti del cabaret milanese. La commedia le (dis)avventure di sei strampalati comici assoldati da un sedicente agente teatrale che intende sfruttarli unicamente per i suoi interessi. E’ nel 1989 che Salvatore balza all’onore delle cronache grazie a “Marrakesh Express”, storia di alcuni amici che si rivedono dopo anni e decidono di attraversare Italia, Francia e Spagna per arrivare in Marocco e liberare un altro vecchio amico arrestato per possesso di droga. I protagonisti sono Diego Abatantuono, Fabrizio Bentivoglio, Cristina Marsillach, Giuseppe Cederna, Massimo Venturiello, Gigio Alberti e Ugo Conti.
Gli incredibili anni ’90 e l’Oscar per “Mediterraneo”
Gli anni ’90 sono quelli di massimo splendore. Salvatores li inaugura con la commedia “Turné”, ma nel 1991 è la volta di “Mediterraneo”, che chiude la “tetralogia della fuga” (con “Marrakesh Express” e, appunto, “Turné”). La pellicola è ambientata nel 1941 e i protagonisti sono otto militari, provenienti da tutta Italia, ai quali viene dato l’ordine di presidiare un’isoletta dell’Egeo. Derubati e “abbandonati” dal mondo esterno, gli otto si abituano alla vita sull’isola, entrando in contatto con la popolazione locale e decidendo, alla fine, che forse tornare in patria sarebbe assolutamente inutile. Il film si aggiudicò l’Oscar come Miglior film straniero, ma anche tre David e un Nastro d’Argento. I concetti tanto amati dal regista di fuga e di cambiamento, di unione e viaggio raggiungono qui il climax. Successivamente, Salvatores gira “Sud”(1993), l’avveniristico “Nirvana”(1997), con Christopher Lambert, Diego Abatantuono e Stefania Rocca, molto amato dal pubblico, meno dalla critica.
La sperimentazione degli anni Duemila
Gli anni Duemila si aprono con il grottesco “Denti”, con Sergio Rubini e Anita Caprioli, tratto dal romanzo di Domenico Starnone, seguito da “Amnèsia”, sempre con Rubini, in cui s’intrecciano tre storie sullo sfondo di una nota discoteca di Ibiza. Nel 2001, Salvatores gira il documentario “Un altro mondo è possibile”, dove descrive i preparativi e le contestazioni del G8 di Genova e due anni dopo è la volta del meraviglioso “Io non ho paura”, tratto dall’omonimo romanzo di Niccolò Ammaniti, e che ha portato a casa due David ed è stato scelto per rappresentare il nostro paese agli Oscar. Nel 2004, con lo scrittore Sandrone Dazieri e Maurizio Totti, Salvatores fonda la collana narrativa Colorado Noir e l’anno dopo gira “Quo vadis baby?”, tratto dall'omonimo romanzo di Grazia Verasani. La protagonista è un’investigatrice privata che, tra alcol e vita dissoluta, dovrà fare i conti col suo difficile passato. Nel 2008 dirige il drammatico “Come Dio comanda”, tratto sempre da un romanzo di Ammaniti, per poi passare alla commedia “Happy Family”, del 201, con Fabio De Luigi e il suo amico, e attore feticcio, Diego Abatantuono.
“Educazione siberiana”, “Italy in a day” e il corto “The Promise”
Ennesimo cambio di rotta, ed ecco che nel 2013 esce “Educazione siberiana”, tratto dal romanzo di Nicolai Lilin. La vicenda è ambientata in Transnistria, una regione della Moldavia occidentale e si svolge in un arco di tempo di dieci anni, dal 1985 al 1995. In questa cittadina vive una comunità perseguitata dove valgono ancora le vecchie regole siberiane. Sono malavitosi chiamati Urka siberiani e si definiscono “criminali onesti”. Kuzy (John Malkovich), nonno di Kolyma e Gagarin, cerca di educare i due nipoti nel rispetto delle tradizioni, anche se il mondo circostante sta cambiando inesorabilmente. La pellicola ha portato a casa 11 nomination ai David di Donatello. Da grande sperimentatore curioso di tutti i generi, nel 2014 Salvatores ha girato il documentario “Italy in a day – Un giorno da italiani”, ispirandosi a “Life in a Day” di Ridley Scott, e presentato fuori concorso al 71° Festival di Venezia. Sempre nello stesso anno, il regista gira il fantasy “Il ragazzo invisibile”, pellicola totalmente inusuale per lui. Il Protagonista è un adolescente che sogna di diventare invisibile, ma quando questo suo desiderio diverrà realtà, sarà catapultato nel ruolo di supereroe in lotta contro le ingiustizie del quotidiano. Il film ha vinto un David di Donatello e due Nastri d’Argento. Ultimamente, il regista ha girato un corto intitolato “The Promise”(“La Promessa”) portandoci indietro di ben 22 mila anni. Il corto è finanziato al Almo Nature ed è nato da un'idea del suo presidente, Giovanni Capellino. Salvatores racconta la storia di un gruppo di uomini che riuscirono a convincere, con una promessa, i lupi alpha a lasciare andare alcuni membri del branco per farli cooperare con gli umani. Un grande messaggio di rispetto per la natura e per tutti i suoi abitanti.