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GLBT Festival: Parigi tra sesso, droga e dannazione

Uno degli ultimi film presentati in concorso è il francese “J’ai revé sous l’eau”, soffocante storia di prostituzione, degrado e disperazione.
A cura di Alessio Gradogna
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J'ai rêvé sous l'eau al GLBT Festival torino

Si avvia alla conclusione l'edizione numero 25 del GLBT Festival di Torino, che anche quest'anno ha messo in mostra film interessanti, piacevoli, stratificati, e utili nel trattare temi importanti su cui riflettere. Per quanto riguarda la sezione dedicata ai film in concorso, dopo aver analizzato alcuni titoli dedicati all'omosessualità maschile, e aver applaudito un bellissimo esempio di storia a tematica lesbica (l'ottimo El Nino Pez di Lucia Puenzo), oggi abbiamo visionato uno dei lavori più radicali ed estremi presenti al festival.

Si tratta di J'ai rêvé sous l'eau, proveniente dalla Francia, e diretto da Hormoz, regista nato a Teheran e poi trasferitosi a Parigi, già autore di sceneggiature, cortometraggi e di una buona carriera da fotografo. Protagonista della cruda vicenda è il giovane Antonin, che conduce una vita sregolata tra sesso promiscuo, amori incompresi e droghe. Quando un suo caro amico muore per overdose, Antonin cade nello sconforto, e comincia a prostituirsi per guadagnarsi da vivere, fino a che non incontra Juliette, donna misteriosa di cui s'innamora. Dopo un po' scopre però che anche la ragazza è tossicodipendente. Disperato, tenterà comunque di salvarla.

Quello di Hormoz è un film non certo consolatorio, ambientato in una Parigi notturna e degradata, in cui gli uomini fanno sesso tra loro negli angoli bui dei parchi pubblichi, assumono droghe di ogni tipo, spezzano i legami, e si perdono nei meandri della dannazione. Una “gioventù bruciata” che il regista mette in scena con coraggio e sfrontatezza, lasciando scorrere davanti all'obiettivo immagini di amplessi e organi genitali, per costruire un soffocante quadro di desolazione. Il suo stile è fin troppo moderno e “videoclipparo”, ma certo, la sostanza c'è. Inquietante e terribile il finale, a bordo di un treno abbandonato che pare quasi un girone dell'Inferno.

Alessio Gradogna

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