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Gli 80 anni di Pupi Avati nei suoi 6 film essenziali

Il grande maestro bolognese, il 3 novembre, compie 80 anni. In quasi mezzo secolo, ha girato 39 film, spaziando tra tutti i generi. Il successo inizia con l’horror “La casa dalle finestre che ridono”(1976) ma poi passa a raccontare storie di gente comune che vive di forti passioni, rinascite, amori contrastati e fortissimi, ambientate soprattutto nei primi anni del ‘900. Ecco, allora, 6 dei suoi film che non potete non aver visto.
A cura di Ciro Brandi
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Il maestro bolognese del cinema, Pupi Avati, il 3 novembre compie 80 anni. La sua brillante carriera sul grande schermo è partita nel 1970 col grottesco “Balsamus, l’uomo di Satana” e, in quasi mezzo secolo, ha girato 39 film per il cinema e 11 tra serie e film tv, spaziando tra tutti i generi. Il successo inizia con l’horror “La casa dalle finestre che ridono”(1976) ma poi passa a raccontare storie di gente comune che vive di forti passioni, rinascite, amori contrastati e fortissimi, ambientate soprattutto nei primi anni del ‘900. Tra queste, ci sono le pellicole “Regalo di Natale”, “Il cuore altrove”, “La seconda notte di nozze”, tutte permeate da performance attoriali eccellenti e sceneggiatura che vanno dritte al cuore e all’anima. Ecco, allora, 6 dei suoi film che non potete non aver visto.

“La casa dalle finestre che ridono”(1976)

Il protagonista è Stefano (Lino Capolicchio), un restauratore incaricato di restaurare un misterioso affresco di un pittore morto suicida, in un piccolo paese del ferrarese. L’uomo assisterà, sin da subito, ad eventi strani legati a quell’opera, come morti improvvise e telefonate anonime che lo invitano ad andarsene. Sarà allora che Stefano deciderà d’indagare sulla vita del pittore, scoprendo tutti i segreti nascosti negli anni soprattutto dagli abitanti del paese.  La pellicola è ritenuta da molti il più bel horror del cinema italiano per il suo mix perfetto di tensione e paura che non lasciano lo spettatore dall’inizio alla fine. E proprio sul finale, Avati da il suo meglio. Da rivedere all’infinito soprattutto per gli amanti del genere e che chi forse non sapeva che fosse diretto da lui.

“Regalo di Natale”(1986)

Durante la vigilia di Natale, gli amici Lele (Alessandro Haber), Ugo (Gianni Cavina), Stefano (George Eastman) e Franco (Diego Abatantuono) s’incontrano in una villa per giocare a poker. Tra gli ospiti, c’è anche l'avvocato Antonio Santelia (Carlo Delle Piane). Tutti i quattro amici hanno problemi personali ed economici molto seri ma ciò non li trattiene dal fatto di giocare somme altissime e i due principali antagonisti, alla fine, saranno Franco e Santelia, che si scontreranno in una partita “psicologica” quasi surreale. Infatti, il regista è bravissimo a delineare cinque figure “piene”, tutte con le proprie angosce interiore contro cui lottare. Stiamo parlando, naturalmente, anche di attori di serie A che Avati (autore anche della sceneggiatura) mette in una sorta di arena fatta di dialoghi sferzanti. Carlo Delle Piane fece sua la Coppa Volpi a Venezia per l’interpretazione dell’avvocato Santelia e Abatantuono portò a casa il Nastro D’argento ma il film vinse anche due David di Donatello per la Migliore canzone originale (“Regalo di Natale”, di Riz Ortolani) e per il Miglior suono.

“Magnificat”(1993)

Avati ci riporta alla Settimana Santa della Pasqua del 926 d.C. mettendo in scena le storie di decine di personaggi – un boia, un’adolescente che entra in convento per farsi suora, un re libertino, una coppia di sposi che viene spiata nei momenti più privati e tantissimi altri ancora – tenute insieme dalla voce narrante di Nando Gazzolo che spiega come tutte queste persone cercassero comunque il rifugio in Dio in un’epoca così oscura e incerta. “Magnificat” è, ancora oggi, un prodotto molto insolito, originale e coraggioso nella cinematografia italiana. Avati scandaglia le vite di questi personaggi medievali complessi e realistici, tra riti pagani, superstizioni e la ricerca di qualcosa in cui credere per avere un rifugio sicuro almeno per la mente.

“Il cuore altrove”(2003)

Il regista ambienta “Il cuore altrove”, nella Roma degli anni ’20. Qui vive Nello Balocchi (Neri Marcorè), un professore di latino di 35 anni molto timido che viene mandato ad insegnare a Bologna da suo padre nella speranza che trovi moglie. Una volta lì, divide l’appartamento con il barbiere napoletano Nino (Nino D’Angelo) e conosce Angela (Vanessa Incontrada), una ragazza non vedente di cui s’innamora perdutamente. Nello decide di presentarla ai genitori, che mostrano una certa ritrosia, ma l’uomo decide di andare avanti, fino a quando ad Angela viene prospettata la possibilità di un miracoloso intervento che potrebbe ridarle la vista. Avati è un maestro nel delineare la psicologia di personaggi fragili vissuti all’inizio del ‘900. E qui con Marcorè, Incontrada e Giannini ci fa versare anche qualche lacrima in più ma colpisce forte al cuore con una storia d’amore semplice, delicata e poetica che poteva anche avere un finale diverso, ma va bene così. Avati vinse il David di Donatello come Miglior regista mentre Neri Marcorè il Nastro d’Argento come Miglior attore protagonista.

“La seconda notte di nozze”(2005)

Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, la vedova Liliana (Katia Ricciarelli) è costretta a lasciare Bologna con il figlio Nino (Neri Marcorè) a causa di gravi problemi economici. I due vanno in Puglia vicino al cognato, l’artificiere Giordano (Antonio Albanese), fratello del marito di Lilliana, da sempre innamorato di lei. Al loro arrivo, l’uomo farà di tutto per non fargli mancare nulla, andando persino contro le due avide zie Suntina (Angela Luca) ed Eugenia (Marisa Merlini) e trovando un lavoro a suo nipote. Una vera e propria favola ambientata nel secondo dopoguerra che passa dal buio totale alla luce attraverso una sbalorditiva e inaspettata Ricciarelli – vincitrice del Nastro d’argento come Migliore attrice protagonista – è un fenomenale Antonio Albanese. Ad Avati è andato il Globo d’oro al Miglior regista.

“Il papà di Giovanna”(2008)

Bologna, anni '30. Michele Casali (Silvio Orlando) è un professore di disegno al liceo che conduce però una vita modesta con la moglie Delia (Francesca Neri) e la figlia Giovanna (Alba Rohrwacher), con la quale ha un legame simbiotico. A scuola, Michele vede chiaramente che la ragazza è attratta dal suo allievo Andrea. Durante la festa della sua amica Marcella (Valeria Bilello), Giovanna inizia a mostrare segni di gelosia quando la festeggiata inizia a ballare col “suo” Andrea e inizia ad ubriacarsi. Qualche giorno dopo, Marcella viene trovata morta e i sospetti del commissario Sergio Ghia (Ezio Greggio) ricadono su Andrea, anche se Giovanna sembra non essere estranea ai fatti. Da quel momento, per Michele e la figlia inizierà un vero e proprio incubo.  Uno dei film più toccanti dl regista bolognese che, anche stavolta, si affida alla bravura immensa di Silvio Orlando, Alba Rohrwacher e dell’inedito Ezio Greggio, per raccontare una storia toccante, intensa e decisamente dura ma con un finale meraviglioso. E che dire dei premi? La Rohrwacher vinse il David e il Globo d’oro come Migliore attrice protagonista; Ezio Greggio il Nastro d’Argento come Miglior attore non protagonista e il Globo d’oro Speciale; Francesca Neri il Nastro d’Argenti come Migliore attrice non protagonista mentre a Silvio Orlando andò la Coppa Volpi e il Premio Pasinetti a Venezia.

“Una sconfinata giovinezza”(2010)

Il giornalista sportivo Lino Settembre (Fabrizio Bentivoglio) e sua moglie Chicca (Francesca Neri) si amano alla follia anche se, in 25 anni di matrimonio, non sono riusciti ad avere figli. La situazione sembra precipitare però quando a Lino viene diagnosticato il morbo di Alzheimer, che trascinerà la sua mente lontano, fino ai tempi della sua giovinezza. Chicca però farà di tutto per non fargli sentire il peso della malattia senza abbandonarlo neanche un istante, proprio come fosse il figlio che non ha mai avuto. Qui l’intensità si fa altissima e colpisce forte allo stomaco con la tematica delicata dell’Alzheimer trattata con i guanti da Avati e interpretata/vissuta da due fuoriclasse del nostro cinema in maniera davvero eccelsa. Un doloroso viaggio in una meravigliosa coppia che si ama e si amerà indissolubilmente nella salute e nella malattia, facendoci emozionare come forse solo i grandi film sanno fare.

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