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I gatti persiani, la libertà della musica in una Teheran sofferta

Una band mira al successo internazionale, contro le restrizioni della censura iraniana.
A cura di Ambra Zamuner
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Fa quasi male, l'apertura del film di Bahman Ghobadi, regista curdo che contro tutte le restrizioni possibili ha creato una storia sofferta e amara, nata dalle passioni e dalla voglia di libertà. I gatti persiani racchiude tutta la necessità dei giovani di potersi riscattare, in un paese che si oppone con tutte le forze all'ambizione umana e alla volontà di seguire i sogni.

Premio speciale della giuria al festival di  Cannes, sotto la dicitura Certain Regard, I gatti persiani non ha avuto vita facile nel processo creativo. Ha stimolato il dialogo sulle tematiche supportate dalla trama, anche per la presenza alla produzione della compagna del regista la giornalista Roxana Saberi, accusata di spionaggio e poi liberata dopo pressioni e interessamento internazionali. Racconta i giovani e le loro speranze Ghobadi, senza filtro ne dolcezza, seguendo la storia di una coppia di giovani musicisti, che cerca nuovi membri per la band indie rock, da esportare sul mercato discografico internazionale. Sperimentano la prigione, la paura delle malattie per poter provare e alimentare il fuoco musicale, le finestre da scavalcare, i cancelli serrati da spalancare, la propria vita da mettere in gioco per un pizzico di libertà di espressione. Quella libertà che in occidente viene spesso data per scontata, mentre nel regno persiano ancora manca nei suoi elementi fondamentali e basilari.

Il racconto si intreccia, progredisce in una Teheran violentata, ma calma e soffocata, regno di una gioventù che combatte, sempre, per poter anche solo spiegare le proprie ragioni. Il regista anche nella tecnica di regia sceglie l'indipendenza, optando per una camera digitale S12K "Per non dipendere dallo stato" spiega. Lo stesso Stato che lo ha ostacolato con i permessi, che recentemente ha tentato di zittire il cinema arrestando Panahi, per proteste contro il governo.Veterano del festival francese, che quest'anno tenterà di stupire, Ghobadi ama il suo paese, e lo esprime in ogni inquadratura sottoposta a fermo. Eppure l'Iran continua a parlare, lo fa attraverso Donne senza uomini il film di Shirin Neshat leone d'oro a Venezia, che mira all'avanguardia e sostiene un mercato orientale che sempre più ha fame di libertà, in tutti i sensi.

Ambra Zamuner

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