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“I Guardiani del Destino” – La recensione

L’opera prima di George Nofli è un mix di thriller e sentimento, con due grandi stelle di Hollywood, Matt Damon e Emily Blunt, in lotta col proprio destino.
A cura di Ciro Brandi
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i guardiani

George Nolfi ha scritto e diretto (è la sua prima prova da regista) questo film basato su un breve racconto di Philip K.Dick, “The Adjustment Bureau” (“Squadra riparazioni”), del 1954. Nolfi è molto apprezzato come sceneggiatore, sono suoi gli script di “Ocean’s Twelve” e “The Bourne Ultimatum”.  Stavolta si cimenta dietro alla macchina da presa con un film non facile, sul tema del destino e del libero arbitrio, mescolando il genere thriller con il sentimento. Per farlo si avvale di due stelle di Hollywood: il premio Oscar Matt Damon e Emily Blunt.

Damon è David Norris, membro del Congresso a cui si a cui si prospetta una brillante carriera politica al Senato. Dopo aver incontrato la ballerina Elise Sellas (Emily Blunt), scopre che strane circostanze impediscono il loro rapporto. Infatti, delle figure misteriose, chiamate “Guardiani”, tramano per separarlo da Elise. Norris decide così di capirne i motivi.

I Guardiani del Destino” è un film avvincente, dal ritmo serrato quasi alla “Inception”, con la fotografia eccellente del premio Oscar John Toll. L’alchimia tra i due protagonisti è perfetta e a fare da sfondo c’e’ una splendida New York fuori dal tempo. La storia si basa sul racconto di Dick, ma sviluppa molto di più il lato sentimentale rispetto a quello psicologico. L’autore statunitense non è molto semplice da interpretare, neanche per i suoi lettori più accaniti. I suoi maggiori capolavori, “Do androids dream of electric sheep”, “La Svastica sul Sole” e “Ubik”, hanno ispirato vari film, da “Blade Runner”, “Atto di forza” a “Minority Report”.

Gli interrogativi che lancia la pellicola sono quelli che ci poniamo tutti da sempre: la nostra storia è già scritta? Possiamo modificarla con la forza di volontà? C’incuriosiscono gli Uomini in Nero, e allo stesso tempo ci affascinano. Non sono cattivi, ma neanche buoni, le loro intenzioni sono puramente dettate da qualcosa di più alto, profondo, non vogliono che le persone da loro prese in carico escano fuori da binari predefiniti dal Fato. La parte centrale del film, forse, rappresenta il vero punto debole del progetto, troppo melensa e lenta, ma per il resto possiamo dire che Nolfi abbia messo in piedi un’ottima opera prima.

Voto: 7

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