Isabelle Huppert, la Regina del cinema europeo
Isabelle Huppert è sinonimo di classe allo stato puro. Maestria interpretativa, versatilità di ruoli e situazioni, coraggio e sfrontatezza nell'accettare parti tutt'altro che semplici, massimo impegno e massima resa in ogni contesto. La Huppert è forse in assoluto la migliore attrice europea degli ultimi 20/30 anni, una Dea del cinema francese (insieme a Juliette Binoche ed Emmanuelle Béart) e un gioiello del cinema mondiale, sempre rigorosa e perfetta, inappuntabile, intoccabile. Ha intepretato donne di volta in volta fatali, misogine, folli, rassicuranti, straziate, perverse, e lo ha fatto dando sempre vita, cuore e profonda anima ai suoi personaggi.
Nata nel marzo 1955 a Parigi, genitori borghesi, passione per la recitazione fin dalla tenera età, i primi successi in teatro, e poi il debutto nel cinema nella commedia I primi turbamente, nel 1971. Per lei subito diversi ruoli in molte produzioni autoctone, e in breve tempo la prima chiamata a Hollywood per Operazione Rosebud (1975) di Otto Preminger. La sua carriera è un fiume di apparizioni, mai fuori posto, sempre efficaci: solo per fare qualche esempio, è la protagonista femminile de I cancelli del cielo di Michael Cimino, mentre in patria diventa la Musa per eccellenza del grande Claude Chabrol.
Con lui lavorerà in diverse occasioni: memorabile, insieme a Sandrine Bonnaire, ne Il buio nella mente (1985), ma anche, sempre con Chabrol, in Un affare di donne, Grazie per la cioccolata e il recente La commedia del potere. Anche con vari altri registi, in contesti quasi sempre europei, offre comunque prove straordinarie: come dimenticarla in Storia di Piera di Ferreri, in La pianista di Michael Haneke (il suo personaggio più estremo), ne Il tempo dei lupi, in Otto donne e un mistero di Ozon, fino ai controversi Proprietà privata di Joachim LaFosse e Home di Ursula Maier.
Isabelle Huppert è un'attrice limpida e meravigliosa, professionale e costante, senza paura e senza barriere; un esempio per tutte. La pura essenza del cinema.
Alessio Gradogna