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“L’uomo con i Pugni di ferro”, Tarantino presenta il primo film di RZA (RECENSIONE)

Il leader dei Wu-tang clan esordisce alla regia con un film di forte matrice tarantiniana, ispirato ai grandi classici del kung fu.
A cura di Aureliano Verità
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Quentin Tarantino presenta un film ispirato ai classici del kung fu, scritto e pensato dai due dei suoi collaboratori più stretti, RZA e Eli Roth. Robert “Bobby” Fitzgerald Diggs, più noto appunto, come RZA, leader dei Wu-tang clan è al suo esordio come regista e co-sceneggiatore di questa pellicola, in cui lo ritroviamo anche in veste di protagonista, accanto a un cast stellare, tra cui spiccano Russel Crowe, nel ruolo di Jack Knife, e Lucy Liu, in quello di Madame Blossom. Il film si dipana tra diverse storie di guerrieri, assassini e di un eroe che vive nell'ombra, il protagonista, tutti mossi dallo stesso obbiettivo, ossia un immenso carico d'oro di proprietà dell'Imperatore. Se i più non conoscono la storia di RZA, rimarranno di certo sorpresi nell'apprendere che il regista è a capo di una delle band più importanti del panorama hip-hop degli ultimi venti anni e questo lo intuiamo nel vedere il suo nome anche dietro la composizione della colonna sonora del film.

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RZA arriva quindi a esaudire uno dei suoi sogni nel cassetto, realizzando un film che unisce lunghe sequenze d’arti marziali, eseguite da alcuni maestri di queste discipline, a una storia d'amore, arrivando ad affrontare persino il tema del buddhismo, rischiando però di perdere di vista l'omogeneità della pellicola, che ne risulta fortemente discontinua. Se il film è presentato da Tarantino in persona è perchè RZA, dopo averlo conosciuto sul set di “Kill Bill” di cui curava le musiche, gli chiese di essere suo mentore nel cammino verso la sua prima regia e così, dopo 6 anni, il rapper ha sfornato un film diretto con uno stile molto simile a quello del re del pulp, ma che non riesce ad amalgamare i tanti generi per i quali vorrebbe essere un tributo.

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Dopo neanche un minuto di proiezione risulta palese la scuola del regista, le grafiche dei titoli di testa sono quelle tarantiniane e non appena la voce del protagonista ci introduce alla situazione di Jungle Village, il luogo in cui è ambientata la storia, si capisce che il sangue abbonderà e che di lì a poco si alterneranno sullo schermo combattimenti su combattimenti. Ma è proprio di fronte a una pellicola come questa, che ci si convince del genio di Tarantino, che ispirandosi agli stessi generi, riesce a confezionare un tipo di cinema ben diverso, degno di un Oscar. Certo il compito per il neo-regista non era semplice, mischiare occidente e oriente è sempre un azzardo, specie se non hai le idee sufficientemente chiare e rischi di “scomparire” all'ombra di chi ti ha ispirato, ma il film si merita comunque la sufficienza, più che altro per lo sforzo che è stato messo nel cercare di sviluppare un nuovo linguaggio di genere, che sicuramente dovrà essere affinato col tempo.

Voto complessivo: 6

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