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Marcellino Pane e Vino, la fiaba popolare che ha commosso il mondo usciva 65 anni fa

Il 24 febbraio 1955, usciva in Spagna la pellicola di Ladislao Vajda che ha commosso il mondo intero. La storia del piccolo Marcellino, ritrovato dai frati di un convento, che stringe amicizia con la statua di Cristo Crocifisso e che vedrà esaudito il suo più grande desiderio è una fiaba popolare che non conosce le leggi del tempo e che, a 65 anni distanza, non ci stancheremmo mai di rivedere.
A cura di Ciro Brandi
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Il 24 febbraio del 1955, in Spagna usciva il cult Marcellino Pane e Vino, diretto dal regista ungherese Ladislao Vajda. Tratto dal romanzo Marcelino Pan y Vino, scritto da José Maria Sanchez Silva, il film ci riporta nella Spagna del 1600. Un giorno, un frate francescano trova, alle porte del suo convento, un neonato in un cestino che sarà ribattezzato Marcellino perché trovato proprio nel giorno dedicato al Santo, il 13 settembre. Nel convento, Marcellino instaurerà una forte amicizia con la statua di Cristo Crocifisso, a cui porta pane e vino, quando può. Cristo gli farà il più grande regalo, quello di riportarlo dalla sua adorata mamma.

Pablito Calvo e il finale che spaccò il pubblico

Marcellino Pane e vino è, senza dubbio, uno dei film più commoventi della storia del cinema. Al di là delle interpretazioni filo cattoliche, ciò che ha sempre colpito lo spettatore è stata la bravura del piccolo protagonista, Pablito Calvo, scelto tra più di 5000 piccoli aspiranti attori, che all’epoca aveva solo 6 anni e che diventa il fulcro del racconto. Immediatamente, ci schieriamo dalla sua parte, soffriamo con lui per la sua solitudine e ci rallegriamo quando è in mezzo ai suoi 12 angeli, impersonati dai frati del convento, ai quali lui da divertenti soprannomi. Per anni si è discusso sul finale che ha spaccato pubblico e critica tra chi li reputava troppo crudele, scioccante e drammatico per il pubblico cinematografico fatto anche di bambini e chi riteneva la morte di Marcellino come premio, come miracolo riuscito e come realizzazione del suo desiderio più grande in assoluto.

Una fiaba popolare ricca di metafore che sfida le leggi del tempo

Vajda scrisse la sceneggiatura proprio con José Maria Sanchez Silva e decise di girare in bianco e nero, dando alla storia quel mix di umorismo, commozione e sacralità che colpì subito nel segno. I temi universali trattati sono raccontati in maniera semplice e immediata ma di grandissimo impatto, facendo diventare il film una fiaba popolare, ricca di metafore, che sfida le leggi del tempo e che a 65 anni di distanza non ci stancheremmo mai di rivedere. A rendere la pellicola ancora più indimenticabile ci sono anche la fotografia di Enrique Guerner e le straordinarie musiche di Pablo Sarozabal.

I premi e il remake di Luigi Comencini

Marcellino Pane e Vino fu presentato al Festival di Cannes, dove portò a casa la Menzione speciale per il piccolo Pablito Calvo, la Menzione della giuria dell’O.C.I.C. e la Medaglia d’oro C.I.D.A.C. per il Miglior film. Inoltre, vinse il secondo premio al Festival di Berlino e in Italia ottenne un grandissimo successo al botteghino, diventando il terzo film più visto della stagione 1955/1956 alle spalle di grandissimi cult come L’amore è una cosa meravigliosa (1955), di Henry King e La donna più bella del mondo (1955), per la regia di Robert Z. Leonard. Il clamore del film fece si che il grande Totò chiamasse il piccolo Pablito Calvo per il film Totò e Marcellino (1958) mentre nel 1991, Luigi Comencini girò il remake del film scegliendo come protagonista Nicolò Paolucci.

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