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Marco Bellocchio: “Neanche le bombe fermarono cinema e teatri”

Raggiunto da La Repubblica, Marco Bellocchio si è espresso sulla seconda chiusura di cinema e teatri da parte del governo per fronteggiare la diffusione del Covid-19. Il regista è stato tra i firmatari di una lettera inviata al premier Conte e al ministro Franceschini relativa alla necessità di risollevare un settore pienamente in crisi. Il cineasta ha poi sottolineato quanto la cultura sia stata importante, anche in momenti terribili come la Seconda Guerra Mondiale, dove sale cinematografiche e teatrali non sono mai state chiuse.
A cura di Ilaria Costabile
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La pandemia ha messo in ginocchio il lavoro di cinema e teatri, i set si sono fermati anche se durante l'estate man mano sono iniziate le riprese dei vari progetti televisivi e cinematografici già in cantiere, ma le sale hanno potuto godere solo di un breve periodo di riapertura. Con la seconda ondata, infatti, una nuova chiusura è stata inevitabile, sebbene molti esponenti dello spettacolo abbiano manifestato il loro dissenso. A parlare dell'argomento, raggiunto da La Repubblica, è stato Marco Bellocchio. Il regista ha dichiarato il suo grande sconforto nell'assistere alle difficoltà che il mondo della cultura e dell'intrattenimento stanno attraversando in questo periodo, ragion per cui non si è tirato indietro nel firmare una lettera indirizzata al Ministro Dario Franceschini e al premier Giuseppe Conte relativa ai provvedimenti per cinema e teatri: "L'idea dei cinema e dei teatri chiusi mi dà un dolore così forte che posso solo sperare che la privazione sia più breve possibile".

Bellocchio sulla chiusura di cinema e teatri

La lettera, firmata da artisti del calibro di Gianni Amelio, Nanni Moretti, Francesco Bruni, è stata una delle tante manifestazioni del mondo dello spettacolo contro la decisione presa dallo Stato, e nelle righe della missiva si parla di un settore "a rischio di estinzione". Bellocchio, però, nonostante il colpo sferrato dalle istituzioni non ha mai smesso di credere nella scienza: "È stata una stangata inaspettata. La salvaguardia della salute è la cosa più importante e di fronte a ciò tutti dobbiamo fare un passo indietro, ma cinema e teatri in questi mesi non hanno avuto contagi. Detto questo, ho grande fiducia nella scienza, sono loro che devono indicarci la strada". Il regista continua sottolineando come la scelta di chiudere, nuovamente, i centri della cultura non sia stata supportata dall'evidenza dei dati rivelati in questi mesi, dal momento che non è mai stato rilevato un contagio o un focolaio, anche in manifestazioni che hanno attirato molte persone e svoltesi tra settembre e ottobre:

Non un sentimento, quindi, ma i dati ci raccontano che in questi mesi le sale e i teatri sono stati e sono spazi sicuri, lo dimostra la realtà: non ci sono stati focolai, non c'è stato un problema. La Mostra di Venezia, con centinaia di proiezioni, e la Festa di Roma che pure è stata accompagnata dalla crescita dell'emergenza di questi giorni, si sono svolte in sicurezza e senza alcun problema. Viene rilevata la temperatura, c'è distanziamento tra gli spettatori, la mascherina non viene mai tolta, la possibilità di tracciare gli spettatori. Mi pare che la sala sia un luogo virtuoso per intrattenere e offra un'alternativa più sicura, come si sottolinea nella lettera, rispetto a tanti altri luoghi di movida. Ci si aspettava che questo dato sarebbe stato preso in considerazione

Nemmeno la guerra fermò la cultura

Un settore, quello della cultura, che ha subito la crisi dettata dalla pandemia e che ha avuto solo qualche attimo di respiro, dal momento che i mesi della riapertura non hanno concesso una ripresa significativa e ne risentiranno anche le sale teatrali e cinematografiche più piccole. Nonostante questo, però, il mondo del cinema si può dire che sia ripartito, seppur con restrizioni come sostiene anche Marco Bellocchio: "È così, ma tutta la filiera soffre se una parte così importante, la sala, viene meno. Il mondo del cinema è ripartito, anche se è dura e i protocolli sono rigorosissimi, qualche set si è dovuto fermare. Sai che lavori nell'incertezza totale e dal punto di vista psicologico i cinema chiusi sono un segnale sconfortante. Fra tre settimane inizio a girare la serie sul rapimento Moro e sul set creeremo una bolla per tre settimane, una sorta di clausura per tutti quelli che ci lavorano". Il regista si lascia poi andare ad una considerazione importante, che riprende quel paragone tra la diffusione del coronavirus e la tensione percepita ai tempi della guerra, eppure anche in quei momenti, la cultura non si è mai fermata: "Durante la Seconda guerra mondiale il cinema non si è fermato, anche sotto le bombe le persone hanno continuato ad andare in sala. Il cinema è un bene primario e un grande simbolo, una possibilità di sogno e di speranza".

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