‘Non possiamo che parlare con i nostri dipinti’, la magia di “Loving Vincent” torna al cinema
Se da anni siete alla ricerca di un film che sconvolga i vostri sensi e che vi faccia vivere un’esperienza visiva ed emozionale unica, allora “Loving Vincent” è quello ideale. La regia e la sceneggiatura sono firmate da Dorota Kobiela e da Hugh Welchman e il progetto doveva essere un cortometraggio finanziato tramite crowdfunding sul sito Kickstarter. Ciò che è venuto fuori, invece, è il primo lungometraggio interamente dipinto su tela e dedicato a Vincent van Gogh, non facendone una mera biografia, ma entrando direttamente nel mistero della sua vita e della sua arte.
120 opere, trama basata sulle sue 800 lettere, 125 artisti impegnati a dipingere 56mila immagini a mano, lavorando per anni e anni, ne fanno un’opera colossale e senza precedenti. Lo stesso pittore, in una delle sue ultime lettere, scriveva: "Non possiamo che parlare con i nostri dipinti" e registi hanno tradotto questa frase in poesia cinematografica.
Incassi record e nuova programmazione fino a dicembre
In soli tre giorni, dal 16 al 18 ottobre, Loving Vincent ha conquistato il botteghino italiano rappresentando il 50% degli incassi totali di tutti i cinema italiani. 283 sale, di cui tantissime in sold out, hanno decretato un successo oltre le aspettative per il primo lungometraggio interamente dipinto su tela. Per questo è stata programmata una replica in contemporanea nazionale per lunedì 20 novembre per tutti i cinema italiani che vorranno aderire all’iniziativa (elenco delle sale a breve su www.nexodigital.it).
I prossimi appuntamenti sono:
7/8 novembre – Bosch. Il giardino dei sogni
20 novembre – Loving Vincent al cinema – qui tutte le repliche
27/28/29 novembre – Canaletto a Venezia
12/13 dicembre – L’arte viva di Julian Schnabel
La trama
Il film – che rende vive opere celeberrime come “Caffè di notte”, “Campo di grano con volo di corvi”, “Notte stellata”, ma anche ritratti e autoritratti di van Gogh – si apre in Francia, nell’estate del 1891. Qui, Armand Roulin (Douglas Booth), un giovane privo di aspirazioni, riceve da suo padre, il postino Joseph Roulin (Chris O’ Dowd), una lettera da consegnare a mano a Parigi. Il destinatario è Théo van Gogh (Cezary Lukaszewicz), fratello del pittore che si è da poco tolto la vita. Armand non è felice della missione anzi, è imbarazzato dall’amicizia che legava suo padre e Vincent, un pittore straniero che si è tagliato l’orecchio ed è stato internato in un manicomio locale. Ma a Parigi non c’è alcuna traccia di Théo. La ricerca condurrà Armand da Père Tanguy, commerciante di colori, e dal medico che si occupò di Vincent nelle sue ultime settimane di vita, il Dottor Paul Gachet. Conosceremo così la locanda dei Ravoux, dove l’artista soggiornò per le ultime dieci settimane e dove il 29 luglio 1890 morì per un proiettile nell’addome, e tanti altri personaggi.
Un giallo d’inchiesta dipinto su tela
“Loving Vincent” è un film d’animazione ma girato con attori in carne e ossa in un teatro di posa, poi trasformati in personaggi dei quadri di van Gogh. Ciò è stato possibile grazie alla tecnica della pittura animata o rotoscoping, che permette, appunto, di creare un film d’animazione in cui le figure umane risultino altamente realistiche, ricorrendo anche a una CGI primitiva. I disegnatori hanno ricalcato ogni singolo fotogramma con i dipinti olio su tela in stile van Gogh, riuscendo a dare quindi quel mood “mosso” che affascina già dalla prima scena. In tutta questa fantasmagorica operazione cinematografica, la trama da giallo d’inchiesta sulle ultime settimane di vita dell’artista (che ricorda il cult “Quarto Potere” di Orson Welles) resta inesorabilmente in secondo piano, anche se coinvolgente e ben raccontato.
I pareri della stampa estera
La stampa estera è rimasta estasiata dalla completezza e dall’unicità di “Loving Vincent”. Joe McGovern di Entertainment Weekly si sofferma sull’omaggio grandioso e alla dichiarazione d’amore a van Gogh:
Una delle più lunatiche fatiche d'amore apparse sugli schermi cinematografici quest'anno. E in questo senso, un omaggio miracoloso al suo soggetto.
Mentre Peter Deburge di Variety sulla poesia del racconto degli ultimi giorni dell’artista:
Apporta un senso poetico di tragedia all'ultimo atto della vita di van Gogh e una fresca visione del tipo di uomo che era.
Jordan Mintzer dell’Hollywood Reporter ci invita, invece, a notare che si tratta di un film per tutti, non solo per gli esperti:
Ci sono abbastanza tracce dell'artista stesso nel film – dai suoi tanti dipinti alle famose lettere che ha scritto a suo fratello e benefattore Theo – per soddisfare sia gli esperti che i neofiti che dovrebbero amare il fatto di vedere il suo lavoro prendere vita sullo schermo.
Sono tutte affermazioni veritiere. L’intenzione primaria dei due registi, infatti, è stata quella di portare al cinema una dichiarazione d’amore verso l’artista olandese, mescolando arte e tecnologia (con tocchi inevitabilmente didascalici ma non pedanti) e facendo conoscere a tutti la vita di quello che è stato definito un folle, un genio, ma che all’epoca era comunque trattato come un emarginato, per la sua vita isolata, misteriosa e piena di stranezze. Solo molti anni dopo la sua morte (avvenuta a 37 anni) il suo incommensurabile talento sarebbe stato riconosciuto come tale e consegnato ai posteri.
L’immersione totale nei sogni e nelle idee di van Gogh
La pellicola, in definitiva, è un’immersione totale nei sogni e nelle sofferenze di van Gogh, un mito incompreso che aveva scelto semplicemente di raccontare la sua vita nei suoi quadri, spiegando poi, più in dettaglio, i suoi stati d’animo e le sue idee nelle lettere testamento spedite al fratello, dal 1872 al 1890, in cui i due discutevano di arte, amore, letteratura e delle difficoltà economiche in cui versava l'artista, in quel periodo. “Loving Vincent” è, quindi, molto più di una semplice pellicola sul pittore e, adesso, se ne dovrà accorgere solo l’Academy.