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Perché Via col Vento è considerato un film che giustifica il razzismo e la schiavitù

Per anni, “Via col vento” è stato l’autoritratto preferito dalla stragrande maggioranza degli americani nonostante gli afroamericani vengano mostrati in atteggiamenti servili e in un contesto di violenza e schiavitù. Il film, rimosso da HBO MAX nel segno delle proteste di massa per la morte di George Floyd, è da anni al centro di un dibattito e di una progressiva rivalutazione.
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Nei tumultuosi giorni delle proteste di massa per la morte di George Floyd, ci è finito anche "Via col vento". Come è noto, il film è stato rimosso dal catalogo di HBO MAX, una piattaforma di contenuti on demand come Netflix o Amazon Prime Video disponibile solo negli Stati Uniti, dopo la posizione ufficiale della società che lo ritiene "un film del suo tempo che raffigura alcuni pregiudizi etnici e razziali che erano, disgraziatamente, dati per assodati nella società americana". Quali sono questi pregiudizi etnici e razziali?

Il film di Victor Fleming, uscito nel 1939, è da sempre considerato uno dei massimi esempi del cinema americano. Allo stesso modo, ancora oggi è considerato da gran parte dell'opinione pubblica come la massima celebrazione dello stesso spirito americano. Ed è qui che nasce il problema. Una storia d'amore nel mezzo della guerra di secessione americana, raccontata dal punto di vista dei sudisti, che erano segregazionisti e schiavisti. Il film “12 anni schiavo”, dal cui regista John Ridely è partita la richiesta di rimozione del film, rappresenta oggi la nemesi perfetta di quell'opera.

Il romanzo di "Via col vento"

Opera che si ispira, così come il suo punto di vista, al romanzo omonimo dal quale è tratto. L'unico romanzo pubblicato da Margaret Mitchell, criticato proprio per aver apertamente appoggiato i valori dei sudisti mascherando tutto con il melodramma e con le vicende amorose della protagonista. Un libro "nostalgico" e critico nei confronti della società che ha soppiantato l'ordine delle cose che vigeva in precedenza.

Per anni, "Via col vento" è stato l'autoritratto preferito dalla stragrande maggioranza degli americani. Eppure in quel film, gli afroamericani vengono mostrati esclusivamente in atteggiamenti servili. Il personaggio di Mamy ne è un fulgido esempio. Interpretato da Hattie McDaniel, quel personaggio darà modo all'attrice di vincere agli Oscar ed entrare nella storia. L'aneddoto della cerimonia di premiazione, alla quale fu costretta a partecipare seduta in un settore diverso rispetto a quello del resto del cast bianco, aiuta ulteriormente a capire il contesto nel quale è nato quel film.

Eppure la questione razzista di "Via col vento" non comincia certo con HBO MAX. Sono facilmente reperibili le testimonianze di chi racconta delle vivaci proteste degli afroamericani all'esterno dei cinema. Il prof. John Bracey del dipartimento di studi afroamericani dell'Università del Massachusets osservò in una pubblicazione del 1998: "Quando uscì il film ci furono feroci proteste degli afroamericani all'esterno dei cinema. La trovo ancora oggi una storia offensiva e piena di vergognosi esempi di razzismo. Ma non riesco a immaginare che accada ancora qualcosa del genere, adesso. Credo che a nessuno importi più davvero di questo film". Almeno su quest'ultimo punto, il professore si sbagliava.

Il gesto di HBO MAX è stato importante perché riconosce l'importanza di contestualizzare il periodo storico in cui nasce quel film. E, attenzione, contestualizzare "Via col vento" è qualcosa che è stato già fatto dalla stessa Warner Bros nel blu-ray del 75esimo anniversario del film, nel 2014, con la pubblicazione di un documentario tra i contenuti extra: "Old South/New South" (qui disponibile). Il documentario di Gary Leva utilizza il dibattito che ruota intorno a "Via col vento" per analizzare la difficile storia del Sud, i danni lasciati dalla guerra civile e come la schiavitù abbia irrimediabilmente continuato a condizionare rapporti e dibattito in quegli Stati: dalla Georgia alla Louisiana, dal Maryland al Tennessee. Un documentario aspramente critico che la stessa Warner Bros. non ha esitato a includere all'interno di un suo prodotto.

Di recente su Netflix, è stato pubblicato "Hollywood". La serie di Ryan Murphy mostra cosa sarebbe successo se nell'industria dell'intrattenimento più importante degli anni '50 si fosse cominciato a parlare e a mostrare più apertamente di argomenti come l'omosessualità, la diversità etnica e di genere . Le cose sarebbero andate diversamente e forse riusciremmo ad essere più bilanciati, sicuramente meno in ritardo, su argomenti fondanti come questo.

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