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Sanremo 2011: Roberto Benigni canta l’Inno di Mameli

Sul palco dell’Ariston l’attore comico toscano si prodiga in un lungo intervento per celebrare il 150° dell’Unità d’Italia. Infine legge, spiega e canta l’Inno di Italia.
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Roberto Benigni Sanremo 2011

Memorabile. Davvero memorabile. Questo l'aggettivo che è ricorso un'infinità di volte ieri sera sul palco dell'Ariston. Ed è questo l'aggettivo migliore che possa descrivere l'intervento del grande Roberto Benigni, tenuto in occasione del Festival di Sanremo 2011 per celebrare il 150° anniversario dell'Unità d'Italia. Un evento che per la storia del nostro paese ha un'importanza immensa: e l'attore e regista toscano ne riesce come al solito a magnificarne tutta la sua potenza con il suo eloquio che nasce dall'amore per la cultura e la storia del nostro paese, coinvolgendoci con passione in una carrellata che attraversa le fasi salienti e descrive gli uomini che hanno fatto il Risorgimento e concludendo con l'esegesi dell'Inno di Mameli.

Benigni fa il suo ingresso trionfale a bordo di un cavallo, ovviamente accompagnato dalle note della sua colonna sonora personalizzata scritta per lui da Nicola Piovani. Comincia il suo monologo, e ovviamente non rinuncia a qualche frecciata alla situazione politica attuale, con battute allusive e chiari riferimenti al premier. Ma il comico non lo nomina mai, e il momento della satira dura poco, per fare spazio al suo lungo intervento sulle origini dell'Inno di Italia e il periodo del Risorgimento. E lo fa magnificando le virtù delle grandi personalità che hanno fatto grande quell'epoca: Cavour, Mazzini, Mameli stesso e infine, naturalmente, Giuseppe Garibaldi. Della sua impresa Benigni ne fa una descrizione epica, mettendo in risalto come la spedizione dei Mille fosse sotto gli occhi di tutta l'Europa.

Infine passa al clou del suo intervento: l'esegesi, ovvero l'interpretazione critica, dell'Inno di Mameli. Parola per parola il nostro sviscera il testo della canzone mettendone in risalto tutta la bellezza poetica e i riferimenti storici e culturali, e non perde mai l'occasione, tra un verso e l'altro, di celebrare l'orgoglio di appartenenza al nostro paese. E chiude in bellezza, cantando con voce profonda il nostro inno come lo avrebbe cantato un ragazzo di 25 anni dell'epoca, di quelli che hanno combattuto per la nostra patria e "sono morti perché noi potessimo essere vivi". Il pubblico lo saluta con una standing ovation: ancora una volta una magnifica prova di grandezza da parte di quello che è forse il personaggio vivente più rappresentativo dell'Italia nel mondo.

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