The Twilight Saga: Eclipse, la recensione del film del momento
Per la frenetica e iper-attiva promozione del terzo film della saga di Twilight (che comprende una vera eclissi il giorno dell'uscita), la produzione ha deciso di optare sull’azione, sullo scontro tra vampiri buoni e vampiri cattivi che rappresenterebbe il cuore narrativo di Eclipse: l’obiettivo è quello di conquistare anche i ragazzi. Che David Slade, nuovo regista, invece dimentica per tre quarti del film, lasciando il tutto al triangolo amoroso che interessa solo alle twilighters. Mentre Bella deve decidere se sposare Edward e costui se trasformarla in vampiro, Jacob dovrebbe farsi da parte, ma proprio non ci riesce. E allora si dovranno unire per sconfiggere un esercito di vampiri assetati guidati da Victoria.
La sceneggiatura della solita Melissa Rosenberg segue pedissequamente il best-seller firmato Stephenie Meyer ma non riesce, come d’altronde gli altri due film, a equilibrare le sbrodolature sentimentali continue e l’azione un po’ fantasy un po’ horror. In un teen-movie in piena regola in cui quello che conta sono le disfunzioni ormonali dei personaggi, il moralismo dell’autrice diventa ormai insostenibile, finendo per tessere un racconto di due ore su una ragazza che vorrebbe sentire fisicamente la passione e un vampiro cristiano (l’ossimoro degli ossimori) che addirittura predica il sesso solo dopo il matrimonio; un tira e molla che coinvolge anche un vampiro che predica carne e sangue come stile di vita.
E che invece è esattamente ciò che manca al film, così come la capacità di dire qualcosa o meglio di farla accadere: Slade impiega 55 minuti per dare una fisionomia al film e comunque non va più in là di 2 o 3 tracce affogate in una melassa solo a tratti maliziosa. Tanto il modello narrativo quanto quello filmico sembra la soap-opera, con l’amore e gli intrighi sentimentali a tenere il filo di elementi di genere di poco conto: e qui la sceneggiatura, oltre a continuare lo scempio della mitologia dei vampiri, temporeggia e blandisce le ragazzine, provando a coinvolgere i ragazzi solo in un finale che fa rimpiangere le potenzialità della saga. Alle quali, pare evidente, non credono più (se mai l’hanno fatto) nemmeno gli attori, ansiosi di staccarsi dal brand (come il micidiale Robert Pattinson), di ampliare le conoscenze (Kristen Stewart, ora in Wanted 2), di ritirare l’assegno (Taylor Lautner, chiamato da Singleton per Abduction), per tacere dello spreco fatto della brava Bryce Dallas-Howard. E pensare che mancano loro ancora due film. Poveri loro, e noi con loro.
Emanuele Rauco