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Transformers 3 – La recensione

Il terzo e, forse, ultimo capitolo della saga è arrivato nelle sale italiane. Michael Bay ci catapulta in una Chicago messa a ferro e fuoco, teatro di scontri apocalittici tra gli Autobot e i Decepticon.
A cura di Ciro Brandi
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Transformers_3

L’abbiamo aspettato a lungo e adesso possiamo godercelo. Il terzo capitolo della saga più tecnologica e all’avanguardia del mondo del cinema chiude un ciclo (?) fatto di successi. Il primo film dedicato ai robot della Hasbro è uscito quasi cinque anni fa e ha guadagnato circa settecento milioni di dollari in tutto il mondo, mentre il seguito “Trasformers: La Vendetta del caduto”, anche se bersagliato e distrutto dalla critica, ha fatto ancora meglio, sfiorando gli ottocento milioni. Michael Bay, Steven Spielberg, la Paramount e la Hasbro si posso dire certamente soddisfatti. Ma adesso? Andiamo con ordine.

Il film inizia con un bellissimo prologo che ci porta al 1969. Durante lo sbarco sulla Luna, Gli Stati Uniti avviano una missione segreta per raccogliere informazioni riguardo un’enorme astronave aliena schiantatasi sul lato oscuro della Luna (Il titolo originale è “Transformers 3: Dark of the Moon”). Viene recuperato un enorme robot alieno, ma la notizia resta segreta. Veniamo poi catapultati ai nostri giorni, dove ritroviamo Sam Witwicky e gli Autobot, guidati da Optimus Prime e gli altri, che dovranno lottare di nuovo contro i Decepticon di Megatron, in cerca di vendetta dopo essere stato sfigurato da Optimus in Egitto. Ma nuovi ed agguerritissimi nemici, Sentinel Prime e Shockwave, si affacciano all’orizzonte e non promettono nulla di buono.

Il prologo è assolutamente la parte più bella del film: ben fatto, diretto, di una credibilità assurda, ricco d’immagini di repertorio e qualche licenza d’autore. Quando torniamo agli anni Duemila, la storia è ben diversa. Il protagonista Sam Witwicky/Shia LaBoeuf è un giovane disoccupato in cerca di lavoro – dopo aver salvato per ben due volte il mondo e aver ricevuto una medaglia dalle mani del Presidente Obama, mah – fidanzato con la bella di turno, Carly/Rosie Huntington Whiteley, colei che ha preso il posto della ben più magnetica Megan Fox, dopo il licenziamento di quest'ultima. Proprio durante un colloquio di lavoro, il buon Sam incontra Bruce Brassos/John Malkovich, una delle new entry di questo capitolo, molto gradita. Gli altri nuovi attori reclutati alla corte di Bay sono: Frances McDormand nel ruolo di Marissa Faireborn, donna molto potente e autoritaria; Patrick Dempsey, il famoso dottore di “Grey’s Anatomy”, nel ruolo del ricco Dylan Gould; Ken Jeong (visto in “Una Notte da Leoni” nel ruolo di Mister Chao). Ritroviamo, invece, John Turturro nel ruolo di Seymour Simmons e Josh Duhamel che interpreta il colonnello Lennox.

Nel complesso il film è ampiamente accettabile, soprattutto per un 3D altamente professionale e usato in maniera ottima, facendoci godere di ogni dettaglio, immergendoci nella profondità delle inquadrature. Gli effetti speciali sono stati curati maniacalmente. Ma, in effetti, la sceneggiatura è un vero e proprio colabrodo. I dialoghi sono scarni e da commedia adolescenziale di serie B. E’ vero che, per stessa ammissione del regista Bay, il cinema che intende fare è di pura evasione e di magnetismo visivo, ma condirlo di scambi di parole abbozzati e non all’altezza del progetto, non è per nulla plausibile.

Altro punto a sfavore è l’uso non proficuo di alcuni personaggi: John Malkovich, il mitico, ad un certo punto scompare dalla scena, mentre la nuova robot-girl Rosie Huntington-Whiteley, è più inutile di Megan Fox: la vediamo solo salire una scala, mezza nuda, e dire 4-5 battute. Stranamente, poi, rispetto ai capitoli precedenti, non c’è molta azione, anche se la pellicola dura quasi 160 minuti, i combattimenti sono ridotti all’osso, tralasciando la scena finale e quelle semi apocalittiche (inclusa quella stupenda del grattacielo) che radono al suolo la città di Chicago. Il punto a favore, in questo caso, è il fatto che le scene action, anche se minori numericamente, sono migliorate sotto il profilo coreografico e, finalmente, comprensibili dall’inizio alla fine, grazie ad accurati rallenty, evitando così l’effetto “ammasso”, presente soprattutto nel secondo episodio.

Il fatto che Michael Bay abbia voluto dare questa svolta alla “disaster movie”, forse non ha giovato molto all’intera pellicola, poiché, anche se le scene in questione sono indubbiamente d’impatto, potrebbero risultare già viste (vedi “Indipendence Day”, “2012”, “World Invasion” e tutti i film sul genere), quindi scontate e prevedibili, fattore non di poco conto se si considera che il regista aveva a disposizione un budget di 200 milioni di dollari. I buoni sentimenti ci sono sempre, il patriottismo, l’amicizia, la cooperazione, ma stiamo parlando di un film sui robot, ci si aspetta di avere l’adrenalina a mille dal primo minuto fino all’ultimo, e purtroppo ciò non accade. Siamo sicuri che il boxoffice sarà preso comunque d’assalto, ma cosa ci dobbiamo aspettare adesso?  Un quarto capitolo? Un reboot della saga tra qualche anno? E’ ancora presto per dirlo. Nel frattempo, la cosa certa è che Bay, Spielberg e la Hasbro saranno ancora più ricchi!

Voto: 7–

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