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Via col Vento torna su Hbo, che spiega: “Nega orrori schiavitù”. Netflix corregge: “Film razzista”

Dopo la temporanea rimozione, il film con Vivien Leigh e Clark Gable, contestato per la rappresentazione edulcorata e stereotipata dello schiavismo, torna sul catalogo Hbo Max. Lo accompagnano però due video che raccontano il contesto storico in cui venne girata la pellicola e le controversie che la accompagnarono sin dall’uscita. Intanto, Netflix ha aggiunto un disclaimer che parla di “contestato approccio razzista” e invita il pubblico a informarsi sul movimento Black Lives Matter.
A cura di Valeria Morini
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Finisce ufficialmente la censura per Via col vento, che torna regolarmente nel catalogo di Hbo Max dopo la cancellazione (da subito annunciata come temporanea), integrato di due contributi video che contestualizzano il film e il suo approccio alla questione dello schiavismo, accusato di razzismo. Il caso del film con Vivien Leigh e Clark Gable, rimosso sulla scia del movimento Black Lives Matter, ha suscitato una vera e propria bufera e il malcontento di chi ha giudicato l'operazione come discutibile e dettata da un eccesso di "politicamente corretto". È davvero necessario spiegare al pubblico che si tratta di un film del 1939, girato quando ancora la comunità afroamericana viveva la segregazione razziale a tutti gli effetti, e che mostra una visione del Sud degli Stati Uniti ai tempi della guerra civile edulcorata e parziale? Sia come sia, ora la pellicola di Victor Fleming è tornata disponibile. Qualcosa di simile è stato fatto su Netflix, dov'è il film è visibile anche nel catalogo italiano: "Epopea della guerra civile americana girata nel 1939 con un contestato approccio razzista. Per informarti sulla realtà dei neri in America, cerca ‘Black Lives Matter'", si legge sulla piattaforma di streaming.

Su Hbo i video che spiegano Via col vento

Hbo ha deciso di inserire ben due filmati con cui può essere accompagnata la visione del film (che, ricordiamo, già di per sé, dura 3 ore e 58 minuti). Il primo è una clip in cui la conduttrice televisiva e storica del cinema Jacqueline Stewart riconosce Via col vento come "uno dei film più popolari di tutti i tempi", ma nota al contempo che la sua rappresentazione del popolo afroamericano è stata controversa sin dal momento della sua uscita. Chiare le simpatie sudiste del film, come del romanzo di partenza di Margaret Mitchell, ma "Il produttore David O. Selznick era ben consapevole che il pubblico nero era profondamente preoccupato per il modo in cui il film trattava l'argomento della schiavitù e per come venivano rappresentati i personaggi neri". Il film, racconta la Stewart presenta invece “l'Antebellum South (il Sud prima della guerra di secessione, ndr) come un mondo di grazia e bellezza senza riconoscere le brutalità del sistema di schiavitù su cui questo mondo era basato. Il film racconta questo mondo attraverso una lente di nostalgia e nega gli orrori della schiavitù, nonché i suoi retaggi di disuguaglianza razziale".

La storia di Hattie McDaniel

Il secondo video è un filmato di un'ora che racconta proprio il "complicato retaggio" di Via col vento. Gli schiavi ritratti, da Mami (Hattie McDaniel) a Prissy (Butterfly McQueen), Sam (Everett Brown) e Pork (Oscar Polk), appaiono servili e passivi, elemento che suscitò il biasimo degli attivisti afroamericani dell'epoca (va detto che il doppiaggio italiano peggiorò ulteriormente la situazione). Inoltre, il contributo racconta quello che accadde a questi attori. L'amara verità dietro questa storia di parziale censura che ha suscitato tanto dibattito a livello globale è che il vero razzismo da parte del cast afroamericano venne sperimentato fuori dal set. Gli attori neri non ebbero il permesso di partecipare alla première e Hattie McDaniel, prima afroamericana a vincere un Oscar, partecipò alla cerimonia ma venne fatta sedere ben lontana dagli altri membri del cast. L'Ambassador Hotel di Los Angeles in cui si svolse la cerimonia (lo stesso in cui 30 anni dopo venne assassinato Bob Kennedy) praticò la segregazione razziale fino al 1959 e Selznick dovette chiedere un favore personale al direttore affinché l'attrice potesse almeno entrare, pur sedendosi in un tavolo in fondo alla sala. La McDaniel venne peraltro accusata dalla stessa comunità afroamericana di contribuire a una rappresentazione stereotipata dei neri. La sua risposta fu: "Perché dovrei sentirmi in colpa se guadagno 700 dollari a settimana interpretando una cameriera? Se non lo avessi fatto, guadagnerei 7 dollari alla settimana lavorando come una vera donna di servizio".

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