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Checco Zalone irrita gli snob: la gente vuole ridere? Evidentemente sì

Penne levate a caccia dell’inspiegabilità del successo di “Sole a Catinelle” di Zalone, fresco di ennesimo record: è il terzo incasso italiano della storia, dopo “Titanic” e “Avatar”. La gente vuole ridere? Evidentemente, sì.
A cura di Daniela Scotto
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A chi dà fastidio il successo di Checco Zalone? Ai palati raffinatissimi, a quelli che “il cinema o è d’essai o non è”, ai sospettosi a prescindere verso i fenomeni di massa? Tutto molto più semplice: Zalone indispettisce chi non conosce cosa vuol dire stare al di qua del botteghino ed avere di fronte ogni tipo di pubblico, quello che ha finalmente due ore di tempo la domenica sera per svagarsi un po’, quello che non distingue un film dall’altro e chiede consiglio al cassiere, quello che domanda: “ma va bene per i bambini?” senza neanche sapere chi è il regista, quello che sceglie lo stesso film che ha scelto il tizio in coda accanto perché non aveva idea di cosa acquistare.

Perché al cinema ci vanno soprattutto queste persone. Il cinema nasce per queste persone. Che poi anche la categoria “pubblico meno esigente” abbia comunque diritto ad un cinema di qualità è fuori discussione, ma neanche si può pensare di considerarli i paria del panorama culturale italiano, solo perché si sono riversati in massa a vedere “Sole a Catinelle”, l’ultimo film con Checco Zalone, il comico dei record, nelle sale dal 31 ottobre. Certo, con una politica di distribuzione aggressiva come questa, 1250 copie, c’è un’inevitabile fetta di massa sospinta anche dall’inerzia. Ma c’è anche un’altra cosa che non sanno quelli a cui dà fastidio Zalone: quando le sprezzabili masse si affollano ai botteghini un po’ in ritardo, soprattutto durante i primi week end di programmazione, per trovare tutto esaurito, certo non se ne tornano a casa con le pive nel sacco, semplicemente acquistano il biglietto per un altro film.

In sintesi: per il cinema italiano ci vorrebbe uno Zalone a settimana, perché è ossigeno puro. Ma sappiamo bene che il vile denaro non è un’argomentazione accattivante per gli haters di questo cinema, quindi bisogna affrontare il tema più scottante, quello che ci tocca dal profondo: che invereconda fine ha fatto il popolo de La Dolce Vita, Professione reporter, C’eravamo tanto amati? Perché questi sudatissimi 8 euro li regalano ad un asso pigliatutto che ha appiattito il gusto degli italiani con le sue canzoncine demenziali, invece che a un bel film con Valeria Golino o Elio Germano? E’ colpa di Luca Medici, e di Christian De Sica prima (lo stesso si diceva di Carlo Verdone, prima di essere finalmente riabilitato ad autore, solo perché colpevole di incassi) e a ritroso fino ad arrivare a Totò, in passato ugualmente mitragliato dalla critica, che mitragliava indistintamente anche la commedia di Dino Risi? Zalone ha sempre, intelligentemente, rifiutato ogni paragone con i grandi comici del passato, perché a lui interessa scimmiottare solo il tamarro medio e nessun altro. Ma come ignorano gli indignados della sala cinematografica, ha condiviso con i grandi maestri della risata italiana la stessa, identica sorte, quella di essere massacrato dalle penne più severe. Quindi i radical chic a cui Zalone fa prudere il naso, in realtà non disprezzano il comico in sé, piuttosto disprezzano chi lo va a vedere.

Il sospetto verso il divertimento puro e semplice si perpetra di comico in comico, come se la gente non ne avesse diritto, come se fossimo tutti

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automi sospinti da un’irresistibile gas anestetizzante, che non ci fa vedere il bello e ci costringe a godere del brutto. Per costoro, che il pubblico possa avere un gusto non veicolato da nessuna ideologia di fondo resta un altro mistero. Non ho mai visto una puntata di Zelig, ma i film di Zalone mi fanno ridere. Ho detestato “Il principe abusivo”, ma difenderò sempre fino allo stremo il successo meritato di “Benvenuti al Sud”, affermando senza paura che è meglio dell’originale (soprattutto se visto doppiato). Non mi perdo questo o quel film d’essai, imprecando contro la scarsezza della loro distribuzione, ma ugualmente mi diverto a vedere Zalone con quegli amici con cui di solito non condivido la mia ossessione cinefila. E allora? Che torto sto commettendo alla cultura italiana? Devo picchettare ai botteghini affinché il pubblico opti per Veronesi invece che Zalone, così, per antagonismo? Il pregiudizio offusca il senso critico, in un senso e nell'altro. Lo snobismo non è altro che un limite culturale. Rilassatevi, compratevi un chilo di popcorn e scegliete il film che più vi piace, sapendo che come voi, stanno facendo la stessa cosa tutti quanti.

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