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30 anni fa usciva “Compagni di scuola”, cult di Carlo Verdone tra nostalgia e comicità

La celebre commedia di Carlo Verdone usciva il 21 dicembre 1988 e ottenne subito un successo clamoroso. Partendo da una vera rimpatriata – e ispirandosi a “Il grande freddo” di Lawrence Kasdan – il regista romano è quasi un osservatore su una panchina che vede passare davanti ai suoi occhi un collage boccaccesco di vizi, virtù, ipocrisie, insoddisfazioni, maschere cinematografiche in cui è davvero facilissimo immedesimarsi anche tra 100 anni.
A cura di Ciro Brandi
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Compagni di scuola”, ottavo film da regista di Carlo Verdone, usciva per la prima volta nei nostri cinema il 21 dicembre 1988 e ottenne subito un successo clamoroso per la trama semplice ma coinvolgente e per la presenza di una caterva di attori voluti fortemente dallo stesso regista per raccontare la storia di Federica Polidori (Nancy Brilli) decide di organizzare una rimpatriata con i suoi vecchi amici a 15 anni dalla fine del liceo. Durante la reunion verranno fuori tutti i problemi, le frustrazioni e le speranze sfumate di tutti loro. Al suo invito risponderanno 17 amici, tra cui Piero Ruffolo (Carlo Verdone), al tempo detto “Er Patata” mentre adesso è un professore di lettere oppresso dalla moglie e che ha intrecciato una relazione con una sua alunna; Walter Finocchiaro (Angelo Bernabucci), romano diventato ricchissimo grazie al commercio delle carni all’ingrosso; Piermaria Fabris (Fabio Traversa), una volta molto bello e ora cambiatissimo; Bruno Ciardulli (Christian De Sica), diventato Tony Brando, cantante fallito e pieno di debiti; Mauro Valenzani (Massimo Ghini), politico cinico e cocainomane; Maria Rita Amoroso (Athina Cenci), psicanalista zitella; il ginecologo Armando Lepore (Maurizio Ferrini) e il magistrato Lino Santolamazza (Alessandro Benvenuti), eterni burloni e Valeria Donati (Eleonora Giorgi), giornalista in perenne crisi con l’ex marito, Luca Guglielmi (Piero Natoli), vignettista ed eterno Peter Pan.

L'ispirazione a Kasdan e ad una vera rimpatriata

Verdone non ha mai negato di essere ispirato al cult “Il grande freddo”, di Lawrence Kasdan, uscito nel 1983, con protagonisti Tom Berenger, Glenn Close, Jeff Goldblum, William Hurt e Kevin Kline. La pellicola di Kasdan, però, era ambientato durante le contestazioni del ’68, quindi il regista romano riporta il tutto alla sua epoca (tranne la colonna sonora), partendo da uno spunto di vita reale (una rimpatriata a cui partecipò col futuro cognato Christian De Sica), mantenendo il suo tipo registro comico-malinconico che lo ha sempre contraddistinto.

Un collage boccaccesco in cui è facile immedesimarsi

Rispetto a “Bianco, osso e Verdone”(1981), “Borotalco”(1982) e “Troppo forte”(1986), qui la sceneggiatura, scritta con Leonardo Benvenuti e Piero De Bernardi, privilegia l’aspetto psicologico dei 17 personaggi (tantissimi!), tutti funzionali, viaggiando sulle rette parallele del sarcasmo, cinismo, comicità, nostalgia, malinconia, in cui Verdone è quasi un osservatore su una panchina che vede passare davanti ai suoi occhi un collage boccaccesco di vizi, virtù, ipocrisie, insoddisfazioni, maschere cinematografiche in cui è davvero facilissimo immedesimarsi anche tra 100 anni.

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