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40 anni senza Vittorio De Sica, re del Neorealismo e della commedia all’italiana

4 Oscar, più di 150 film da attore e 39 da regista, Vittorio De Sica, a 40 anni dalla sua morte, è sempre nel cuore di milioni di italiani e cinefili di tutto il mondo, grazie alla sua istrionicità e al talento innato che gli hanno fatto guadagnare un posto d’onore indelebile nella storia della cinematografia mondiale.
A cura di Ciro Brandi
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Quando sentiamo il suo nome ci vengono subito in mente film come “L’oro di Napoli”, “Pane, amore e…”, “Umberto D.”, “Il conte Max”, “Ieri, oggi e domani” e lo associamo a star come Gina Lollobrigida, Marcello Mastroianni, Sophia Loren, Nino Manfredi, Tina Pica e tantissime altre. Vittorio De Sica è il re assoluto della commedia all’italiana, uno dei padri del Neorealismo (sia da regista, sia da attore) e occupa, da sempre, un posto d’onore nel cuore di tutti gli italiani e dei suoi milioni di estimatori sparsi in tutto il mondo, a 40 anni dalla sua scomparsa. 4 Oscar, più di 150 film da attore e 39 da regista, del mito De Sica abbiamo avuto anche modo di apprezzare il talento canoro con il pezzo “Parlami d’amore Mariù”, ma gli esordi non sono stati affatto semplici. L'istrione italiano nasce a Sora, in provincia di Frosinone, il 7 luglio 1901, da Umberto De Sica, bancario cagliaritano ma di origini campane (al quale dedicherà il film “Umberto D.”), e da Teresa Manfredi, casalinga napoletana. De Sica dichiarò che la sua famiglia viveva in “tragica e aristocratica povertà” e, sin da piccolo, si spostava continuamente: a Napoli, nel 194, poi a Firenze, dopo lo scoppio della Prima guerra mondiale, dove a 15 anni iniziò ad esibirsi come attore dilettante negli ospedali militari, infine la famiglia si trasferì a Roma.

Gli esordi e il teatro

Da giovane intraprese gli studi di ragioneria, ma grazie all’amico di famiglia Edoardo Bencinvenga ottenne un piccolo ruolo nel film muto “Il processo Clemenceau”, del 1917, diretto da Giancarlo Saccon. Tuttavia, preferì terminare gli studi e solo nel 1923 entrò come generico” nella compagnia teatrale di Tatiana Pavlova. Due anni dopo passa con Italia Almirante, come secondo attore brillante e solo nel 1930 diventa “Primo attore” con la compagnia di Guido Salvini. Qui fu notato da Mario Mattioli che lo volle nella sua Compagnia Teatrale Za-Bum, che lo mise al fianco di Umberto Melnati. De Sica e Melnati hanno formato la coppia comica più rilevante di quell’epoca e le loro gag erano le più trasmesse in radio. Nel 1933, il grande artista riuscì a fondare la sua compagnia, con Giuditta Rissone e Sergio Tofano, poi nel 1944, insieme a Paolo Stoppa e Vivi Gioi, portò in scena drammi fenomenali come “Catene”, di Langdon Martin. Altri successi teatrali di questo periodo furono: “Il matrimonio di Figaro”, al quale collaborò anche Luchino Visconti, “I giorni della vita”, di William Saroyan e “Il magnifico cornuto”, di Fernand Crommelynck. Tra il 1923 e il 1949, De Sica ha preso parte a 120 spettacoli teatrali. 

I grandi successi da attore: “Cuore”, “Pane, amore e gelosia” e i film con Sordi

Il regista Mario Almirante, tra il 1927 e il 1928, lo fece partecipare a due film muti e da allora De Sica divenne uno dei divi più richiesti anche dal cinema, con Amedeo Nazzari e Gino Cervi. Dal 1932 in poi, gira commedie come “Gli uomini, che mascalzoni…”, dove canta la celebre “Parlami d’amore Mariù”, “Darò un milione”, “I grandi magazzini”, tutte dirette da Mario Camerini. Da attore, come dicevamo, ha preso parte a circa 120 film, vincendo il Nastro D’Argento nel 1948 per la sua performance nel film “Cuore”, di Duilio Coletti, e decine di altri premi in altri festival mondiali. I suoi successi di pubblico più grandi sono: “Altri tempi”(1952), precisamente l’episodio “Il processo di Frine”, al fianco di Gina Lollobrigida, dove interpreta la parte dell’avvocato difensore, poi “Pane, amore e fantasia”(1953), nel ruolo del maresciallo Carotenuto, a cui seguiranno “Pane, amore e gelosia” (1954) e “Pane, amore e…” (1955). Memorabile anche la sua interpretazione ne “I due marescialli” (1961) al fianco di Totò. Con il mitico Alberto Sordi recitò ne “Il conte Max”, “Il moralista”, “Il vigile” e nel favoloso “Un italiano in America”(1967). Notevoli anche le sue performance drammatiche in capolavori come “Il generale Della Rovere”(1959), di Roberto Rossellini o in “Addio alle armi”(1957) di Charles Vidor.

La sfolgorante carriera da regista e i 4 Oscar

L’esordio da regista avviene nel 1939, con la commedia “Rose scarlatte”, a cui seguono “Maddalena…zero in condotta” (1940), “Teresa Venerdì” (1941), con Anna Magnani e “I bambini ci guardano” (1943), col quale inizia ad esplorare e raccontare le tematiche neorealiste. Dal 1946, firma quattro capolavori che resteranno per sempre nella storia del cinema mondiale: “Sciuscià”(1946), “Ladri di biciclette”(1948), che portano a casa L’Oscar come Migliori film straniero e Il Nastro d’Argento per la Miglior regia, poi “Miracolo a Milano”(1951) e “Umberto D.”(1952). Dopo questo poker di straordinarie perle di cinema neorealista, De Sica non si ferma affatto e gira “L’oro di Napoli”(1954), “Il tetto”(1955) e “La ciociara”, tratto dal romanzo di Alberto Moravia, con una sfolgorante Sophia Loren. La pellicola vinse tutti i premi possibili: Nastro d'argento, David di Donatello, Palma d'oro al Festival di Cannes e il Premio Oscar per la miglior attrice. Con la Loren lavorerà anche in seguito, nel celebre episodio “La riffa”, inserito nel film “Boccaccio '70” (1962), e poi in coppia con Marcello Mastroianni in “Ieri, oggi e domani” (1963), terzo Oscar della sua carriera, e quindi “Matrimonio all'italiana” (1964), trasposizione di “Filumena Marturano” di Eduardo De Filippo, e “I girasoli” (1970). Nel 1970 arriva il quarto Oscar per “Il giardino dei Finzi-Contini”, storia drammatica della persecuzione di una famiglia ebrea ferrarese durante il fascismo, col quale ottiene anche l'Orso d'oro al Festival di Berlino del 1971. L'ultimo film da lui diretto è la riduzione di una novella di Luigi Pirandello, “Il viaggio” (1974), interpretato ancora da Sophia Loren, accanto a Richard Burton.

De Sica in televisione e in musica

De Sica è stato molto presente anche in televisione. E’ storico un suo duetto con Mina a “Studio Uno” in “Amarsi quando piove”, ma nel 1968 partecipò, come autore, anche al Festival di Napoli col pezzo “Dimme che tuorne a mme!”, musicata dal figlio Manuel e interpretata da Nunzio Gallo e Luciano Tomei. Nel 1971 incise l'album “De Sica anni Trenta”, realizzato con gli arrangiamenti sempore del figlio Manuel. La sua interpretazione più nota, tuttavia, resterà quella di “Munasterio ‘e santa Chiara”. Partecipò a diverse trasmissioni statunitensi e italiane di intrattenimento leggero come Il Musichiere (1960), Studio Uno (1965), Colonna Sonora (1966), Sabato Sera con Corrado (1967), Delia Scala Story (1968), Stasera Gina Lollobrigida (1969), Canzonissima con Corrado e Raffaella Carrà (1970-71) e Adesso musica (1972), nonché nel ruolo del giudice chiamato a processare il burattino Pinocchio nello sceneggiato “Le avventure di Pinocchio” di Luigi Comencini(1972).

La vita privata

Oltre al cinema, la sua passione (o vizio) più grande era il gioco e, negli anni, perse tantissimi soldi, ma ci scherzò su anche nei suoi film “Il conte Max” e “L’Oro di Napoli”. Per quanto riguarda l’amore, nel 1937 sposò Giuditta Rissone, dalla quale ebbe la figlia Emilia. Nel 1942, però, sul set del film “Un garibaldino al convento” conobbe l'attrice catalana Maria Mercader, con la quale andò in seguito a convivere. Dopo il divorzio dalla Rissone, ottenuto in Messico nel 1954, sposò la Mercader nel 1959, sempre in Messico ma l'unione fu ritenuta "nulla" perché non riconosciuta dalla legge italiana. Nel 1968 ottenne la cittadinanza francese e si sposò con la Mercader a Parigi. Da lei ha avuto due figli: Manuel nel 1949, musicista, e il noto Christian nel 1951. Vittorio De Sica è a 73 anni in seguito a un intervento chirurgico per curare un tumore ai polmoni, a Parigi e, nello stesso anno, Ettore Scola gli dedicò il suo capolavoro “C'eravamo tanto amati”, nel quale De Sica appare come se stesso. Napoli lo ricorda anche dedicandogli una strada, nel quartiere Stella, alle spalle della famosa Piazza Cavour.

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