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“A Touch of Sin”, Zhang-Ke e la violenza cinese a Cannes senza censura

Il regista cinese Jia Zhang-ke racconta la violenza della società cinese in modo veritiero, ironico e cruento allo stesso tempo. Tutto ciò gli è valso il visto di censura, dal momento che le vicende narrate sono realmente accadute.
A cura di Ciro Brandi
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Il regista cinese Jia Zhang-ke – Leone d’Oro al Festival di Venezia nel 2006 per “Still Life” – ha presentato oggi, con enorme successo, il suo crudo film “A Touch of Sin”, in concorso a Cannes 66. Applauditissimo alla prima stampa, la pellicola racconta la violenza della società cinese in modo talmente veritiero che gli è valso il visto di censura, dato che i fatti che narra sono vicende di cronaca realmente accadute. Il plot è basato su quattro storie che hanno, appunto, a che fare con la violenza e la corruzione della Cina odierna, e il regista si rifà al cinema di Tarantino per quanto riguarda lo stile e l’atmosfera, alternando ironia a scene di una crudeltà assurda. I personaggi principali sono: Dahai, un minatore che si ribella contro la corruzione dei capi del suo villaggio che affida la sua rabbia ad un’arma da fuoco; Zhou San, un lavoratore immigrato che torna a casa per l’anno nuovo ma vuole subito ripartire, stanco di quella realtà asfissiante; Xiao Yu, un’affascinante receptionist/hostess di una sauna che reagisce in maniera spropositata quando un ricco cliente l’aggredisce e infine Xiao Hui, un operario che cambia lavoro continuamente per cercare di migliorare la sua esistenza. I critici l’hanno definito “superbo” e “impressionante”. Attenzione quindi ai film concorrenti.

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