‘Ant-Man’, Paul Rudd: “Indossare quella tuta mi ha fatto venire le vertigini” (ESCLUSIVA)
“Ant-Man”, dodicesimo blockbuster targato Marvel diretto da Peyton Reed e prodotto da Kevin Feige, sta conquistando il botteghino mondiale. La pellicola segue le avvebture dell’abile ladro Scott Lang, interpretato dal poliedrico Paul Rudd (anche co-sceneggiatore), nei panni di un Ant-Man moderno Dopo che il Dr. Hank Pym (Michael Douglas) gli fornisce la strabiliante capacità di rimpicciolirsi e al contempo accrescere la propria forza, Lang dovrà ricorrere alle sue doti eroiche nascoste per aiutare Pym e proteggere lo spettacolare costume di Ant-Man da nuove, terribile minacce. Nell’intervista esclusiva a Paul Rudd, che trovate qui di seguito, l’attore svela tantissimi dettagli e curiosità riguardo la tuta, il modo di lavorare del team Marvel, dei suoi illustri colleghi Michael Douglas e Evangeline Lilly, di cosa ha signifcato per lui girare questo film e di tantissimo altro ancora. Un botta e risposta che vi farà venire subito voglia di andare subito al cinema. Vi ricordiamo che il film approderà nell nostre sale a partire dal 12 agosto.
L’intervista esclusiva per Fanpage.it a Paul Rudd
Il fatto che tu sia anche uno degli sceneggiatori di questo film lo rende ancora più personale?
PR: Quando si lavora alla sceneggiatura di un film riesci ad avere molto di più di una semplice panoramica di tutti i personaggi, perché stai pensando alle loro motivazioni, alle loro storie, e a come ogni decisione di quei personaggi influiscano su quelle stesse storie. È come se conoscessi meglio la storia. Riesco subito a focalizzare qualsiasi scena e averne una conoscenza più approfondita.
Si è ormai arrivati al punto che gli attori possono essere seguiti anche solo tramite gli effetti speciali, in modo da essere un po' più liberi sul set?
PR: Sì. Suppongo che non sia molto diverso dal lavorare come voce fuori campo in un film d'animazione o qualcosa in cui non devi per forza restare bloccato fisicamente nel personaggio. Se hai un'idea, gli animatori ci lavoreranno. È fantastico, perché penso che tutti quelli che lavorano in Marvel abbiano in comune il fatto di essere realmente interessati alla perfezione del prodotto finale. Nessuno ha paura di prendersi qualsiasi tipo di rischio creativo o fare delle proposte al di fuori del progetto originale. Potrebbe non sempre funzionare, ma vogliono esplorare qualsiasi idea e l'entusiasmo che hanno nel farlo è palpabile.
Il fatto che la Marvel abbia un curriculum fitto di successi ti rende nervoso o fiducioso?
PR: Certo, il curriculum Marvel è meraviglioso. Come prima cosa ho imparato che Kevin Feige (produttore) è uno scienziato pazzo, così come tutti quelli che ho incontrato alla Marvel, che sono i primi fan. Sono tutti appassionati di fumetti, sanno quello che vogliono trarne e quello che i fan vogliono vedere. A parte tutta l'azione e gli effetti speciali, hanno una cura estrema per i personaggi e per la storia. Questo è ciò che fa funzionare tutto il meccanismo.
D: Raccontaci la storia…
R: All’inizio del film, accade qualcosa alla Pym Tech, l'ex società da cui Hank Pym è stato buttato fuori. Ora è presieduta da Darren Cross. Quest’ultimo ha creato le proprie particelle Pym (le particelle Cross), e ha sviluppato questa tecnologia e la tuta da solo. Ha sempre sentito parlare della leggenda di Ant-Man e, anche se Hank non gliel’ha mai rivelata ufficialmente, ha deciso di portarla avanti. Hank l’ha tenuta segreta fino a quel momento perché, qualora fosse finita in mani sbagliate, sarebbe stato il caos. Il mio personaggio, Scott, non sa nulla di tutto ciò e non ha nulla a che fare con Hank Pym. Infatti, è semplicemente un uomo appena uscito di galera per aver usato le sue abilità per abbattere una società. Scott finisce per fare irruzione in casa di Pym, in cerca di qualche soldo per contribuire al mantenimento della figlia, l'unica cosa che gli interessa realmente. Pym, però, ha già organizzato tutto e manipola Scott come una sorta di marionetta, sapendo già che avrebbe rubato la famosa tuta. Poi avrebbe portato Scott nel suo mondo e gli avrebbe insegnato come usarla correttamente.
Pensi che il fatto di costruire personaggi così “umani” renda la storia più accessibile?
PR: Penso che rendere “umano” un qualsiasi personaggio è quello che veramente tiene alto l’interesse. Ci potrebbe essere la sequenza di combattimento più sorprendente o gli effetti speciali più strabilianti, ma se non c’è la componente “umana”, allora manca la profondità. Ovviamente, nel film ci sono, sicuramente, scene d'azione sorprendenti ed effetti visivi che non ho mai visto prima. Hanno utilizzato tecnologie finora inedite e l’effetto è davvero sorprendente. Tuttavia, spero soprattutto che la cosa che resti davvero impressa siano proprio i personaggi e le relazioni che si stabiliscono tra loro.
Qual è stata la tua reazione quando hai scoperto che Michael Douglas avrebbe interpretato il ruolo di Hank Pym?
PR: Sono rimasto basito. Ero euforico per il fatto che volesse far parte del film. Finora, ho avuto la fortuna di lavorare con alcuni attori leggendari nella mia carriera e Michael Douglas rientra appieno in questa categoria. Ero eccitato solo per il fatto di poterlo incontrare, dal momento che sono un suo fan. Il “ragazzo” è talmente bravo e ha girato così tanti film di successo! Immaginarlo nel ruolo di Hank Pym è stato davvero emozionante.
Ci parli del personaggio di Hope van Dyne?
PR: Hope è la figlia di Hank Pym, ed è interpretata da Evangeline Lilly. Lavora alla Pym Tech, con Darren Cross, e ha alcuni problemi relazionali col padre. Hope ha accumulato molta rabbia e delusioni nella sua vita. Possiede anche alcune abilità davvero impressionanti. Il personaggio si troverà a fronteggiare situazioni diverse nel film, e all’inizio non sopporta per niente Scott Lang, non sa perché se lo ritrova tra i piedi e perché sia coinvolto in tutto questo. Il padre l’ha rifiutata e ha sperimentato, sulla propria pelle, cosa significa la “perdita”. Nel frattempo, lavora ancora presso l'azienda da dove il padre è stato cacciato, anche se riconosce che Darren Cross potrebbe essere un potenziale psicopatico.
D: Nel film, c’è una scena dove il tuo personaggio, Scott Lang, e Hope si allenano e ci è sembrato che le prendessi di santa ragione. Parlacene un po'…
R: Nel film, Scott Lang doveva intraprendere un percorso di formazione per diventare Ant-Man. Una delle cose che ha dovuto imparare era fare a pugni, quindi le prende da Hope ripetutamente. Hope è il personaggio più “tosto” del film, ma Scott impara proprio da lei a combattere alla perfezione.
D: E' stato divertente girare le scene di combattimento con Evangeline Lilly?
R: Evangeline è un’atleta nata. E’ una tipa ”tosta”. Credo che quello che fa nel film non si discosti molto da quello che può fare nella vita reale. Ma quelle scene erano veramente divertenti, perché, alla fine combattere è divertente. Non l’ho fatto molto nei miei film precedenti, quindi il fatto di avere un percorso formativo e imparare tutte le coreografie è stato grandioso.
D: La tua controfigura pratica il parkour?
R: Sì, il suo nome è Colin Follenweider, una vera forza della natura. Faceva parte del Cirque du Soleil. Ho girato alcune scene in motion capture nella fase iniziale, e dopo circa 30 minuti di salti e capriole, avevo bisogno di una pausa. E' super faticoso. Ma Colin, che fa cose tipo lanciarsi da tre piani e atterrare su una barra di metallo, per poi risalire, lo avrebbe potuto fare tranquillamente per tutto il giorno, senza lamentarsi mai.
Cosa ha significato per te girare questo film?
PR: Io mi dedico anima e corpo a cose che sono veramente importanti, e fare film non è al top di una mia ipotetica lista di priorità. In fin dei conti, stiamo facendo solo film e, in questo caso, film tratti da fumetti. La cosa che apprezzo di più della vita è ridere, perché tutto il resto può essere solo deprimente. Non sto cercando di sminuire l’intrattenimento, l’evasione o i messaggi positivi. Penso che la cosa che mi resterà di più, da tutta questa esperienza, sarà quella di poterla condividere con i miei figli. Mia figlia ha 5 anni e probabilmente non è minimamente interessata, ma mio figlio ne ha 10 e si divertirà. Sono venuti sul set, durante le riprese, e quando mio figlio ha visto il costume e il casco è rimasto sbalordito. Ho intenzione sedermi con lui e vedere questo film insieme.
E ora, parlaci della tuta.
PR: Ho fatto molte prove per questa tuta. È ingannevole nella sua complessità. Non solo per il numero di pezzi, ma per come funzionano certe cose, per esempio come muovere correttamente le parti della spalla quando alzavo il braccio, per non farle saltare via. E’ merito delle eccezionali abilità artigianali dei costumisti. Quando l’ho messa per la prima volta, mi sono sentito diverso. Non potevo credere al fatto che stavo indossando la tuta di Ant-Man. Ho subito pensato: "Wow, so che ci sono un sacco di persone che, in questo momento, vorrebbero vedere com’è!", ed era davvero fantastica. Mi sentivo come se stessi trasgredendo un po’, come se stessi vedendo qualcosa che non dovevo vedere.
D: Ti sei sentito a tuo agio quando ti sei visto con la tuta?
R: Si. Quando metti un costume, e per giunta un costume del genere, ti aiuta a creare il personaggio. Ti senti diverso; si pensa in modo diverso e la postura cambia. Ho avuto le vertigini quando l’ho vista la prima volta. Quando mi hanno mostrato il casco e l’ho provato, ho pensato alla prima volta che ho visto i caschi di Stormtrooper (di “Guerre Stellari”) di quando ero ragazzino. Erano i caschi più belli. Ho avuto la stessa sensazione con il casco Ant-Man. Ho pensato: "Caspita, è veramente figo!". So che se fossi stato un ragazzino, l’avrei disegnato in continuazione.
D: I dettagli della tuta sono incredibili. Ce ne parli?
R: A prima vista, non sembra molto dettagliata, perché è interamente realizzata in cuoio. Sembra un vecchio giubbotto da motociclista. Ma il lavoro che c’è dietro, la cura dei dettagli, e il numero di pezzi contenuti nello zaino, tutti collegati tra loro, sono impressionanti. Ci sono veramente centinaia di pezzi e ci vuole un bel po’ per indossarla. Ho avuto bisogno di una piccola squadra di meccanici ai box per aiutarmi. Impiegavo circa mezz'ora ogni volta.
D: Come funzionano la tuta e le particelle Pym?
R: La particolarità della tuta è il meccanismo che permette di rimpicciolirsi. Scott e Hank Pym non hanno superpoteri, ma sono le particelle Pym che fluiscono nella tuta e nell’elmetto, attraverso un sistema molto complesso di tubicini, a far si che questo accada. E’, inoltre, molto protettiva, poiché le particelle sono instabili e riducono lo spazio tra gli atomi.
D: Quindi Scott rimpicciolisce ma riesce a conservare tutta la forza di Ant-Man?
R: Non si tratta di conservare o meno la sua forza. Non ci dobbiamo basare solo sul fatto che Ant-Man, pur se piccolissimo, riesca a conservare la forza di una persona normale. In realtà, il personaggio supera la forza di una persona normale, perché l’energia e la massa compattati creano ancora più energia. È energia compressa. Così, Scott passa parte della formazione ad imparare a sfruttare al meglio questo tipo di energia per quando sarà Ant-Man. Se prendesse a pugni qualcuno, senza controllarsi, potrebbe rischiare di ucciderlo. È come un proiettile. Quindi, imparare le sfumature, e come utilizzare quel potere, richiede un po’ di lavoro.