Le stanze ricostruite nel Teatro 1 degli studi Videa appartengono ad una casa modesta e vecchio stampo, la tipica residenza di una persona anziana. In una di queste stanze “da cinema”, fatte di legno compensato e piene di oggetti fasulli, c’è uno studiolo in cui Carlo Verdone intima ad Antonio Albanese di ridare una fantomatica valigetta al suo legittimo proprietario. Sono le riprese di L’abbiamo fatta grossa, nuovo film di Verdone che uscirà a Gennaio ma si gira ora nel caldo e nell’afa romana. In molti erano rimasti straniti, per non dire spaventati, dal look televisivo (per usare un eufemismo) del suo ultimo film Sotto una buona stella e forse non a caso una delle prime cose che Verdone precisa nel raccontare L’abbiamo fatta grossa è che “Questa volta abbiamo un grande direttore della fotografia, Arnaldo Catinari [uno dei migliori in Italia, lo stesso di Il cecchino, Vallanzasca e Baciami ancora ndr], che sta facendo un lavoro molto sofisticato di luci e atmosfere”.
Un investigatore, un attore e una valigetta
I due protagonisti sono una coppia di derelitti, uomini soli che si trovano dentro qualcosa di molto più grande di loro, una trama che per la prima volta in Verdone è sporcata di giallo. Da una parte c’è il regista e attore del film stesso, un investigatore di poco conto: “Non gli fanno cercare più nemmeno le persone ma sta sempre appresso a qualche cane scomparso, qualche gatto che non si trova” spiega Verdone, talmente misero che per l’appunto ha dovuto chiedere in prestito ad una vecchia zia una stanza della sua casa per farci lo studio. Dall’altra c’è Antonio Albanese, attore che non ha più memoria, mollato dalla moglie e pronto a chiedere all’investigatore di scoprire eventuali infedeltà dell’ormai ex compagna. I due entrano però in contatto con una pericolosa valigetta che non gli appartiene. La trama ufficiale ad ora diramata si ferma qui, ma in visita sul set abbiamo visto anche Massimo Popolizio nei panni di un uomo scuro e duro, presentarsi allo studio di Verdone per chiedere conto della suddetta valigetta.
C’è un po’ di mistero, un’indagine e qualche venatura gialla ma il succo rimane sempre una commedia, una di uomini abbandonati e disperati come è sempre negli ultimi film di Verdone. Nessuna moglie, nessuna compagna, qualche figlio ma solitamente lontano e con il quale non ci sono ottimi rapporti, anche stavolta la sua maschera tragicomica si trova in situazioni terribili, indigente come lo è da quando il paese è entrato nella fase più dura della crisi economica (almeno da Io, loro e Lara) e in cerca di una risposta nei contatti umani occasionali. Dall’altra parte invece non è ancora chiaro il tono dell’attore smemorato di Albanese, dal poco che abbiamo visto si direbbe una figura tra il tenero e lo scemo, un po’ ingenua e perfetta come spalla comica (oltre che perfetta per le corde di Albanese).
L'asse vincente Verdone-Albanese
I due insieme non hanno mai lavorato (si sono sfiorati sul set di Manuale D’Amore e hanno una breve scena insieme in Questioni di Cuore di Francesca Archibugi, nella quale Verdone fa un cammeo esilarante), eppure l’intesa sembra molto forte anche ad un occhio esterno. Sebbene abbiamo visto solo poche decine di minuti di set è subito evidente come i due viaggino sulle medesime frequenze. La parte che giravano al momento della nostra visita era molto semplice e non di quelle molto divertenti ma di ciak in ciak è diventata sempre più coinvolgenti e comica, arricchendosi di sfumature e complessità. Verdone da sempre lavora molto sul set, d’improvvisazione e creazioni momentanee, nel far coppia con Albanese sembra che questa sua caratteristica ne esca enfatizzata. La scena prevedeva che, dopo l’uscita di Massimo Popolizio dallo studio, arrivato proprio per chiedere della valigetta in questione (“Quello che contiene non ve lo posso rivelare” ha detto Verdone), entri Albanese che con aria innocente dice: “Che simpatico quel signore eh?! Cosa voleva?” a quel punto Carlo gli comunica che quella valigetta va assolutamente riconsegnata, un imperativo che alle prime ritrosie di Albanese si fa categorico e urlato con perentorietà: “Gliela dobbiamo ridare!!”.
La fanno una prima volta e sembra subito buona, la fanno due volte e già comincia a prendere una forma migliore, i tempi comici si accorciano e quel che prima non faceva ridere è più divertente perchè Verdone migliora le battute e sembra imparare e dirle meglio. Alla terza iterazione di questa scena in cui parla quasi solo Carlo, è Antonio Albanese a suggerire alcune minuzie espressive, alcuni tempi da aggiungere e poi levare. Addirittura è lo stesso Albanese il primo a dire, alla fine del terzo ciak: “Bene bene, così fa molto ridere, bello!”. Insomma, benchè non figuri tra gli sceneggiatori (oltre allo stesso Verdone sono Massimo Gaudioso e Pasquale Plastino), sembra che il contributo del comico e attore lombardo sia forte, una spalla assolutamente a livello di Verdone con la quale dare il meglio. E del resto è lo stesso Carlo a sostenere che si sente messo alla prova dalla presenza di un altro comico e ha la sensazione stavolta di avere una controparte forte.