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Chiamatelo Jeeg Robot e gioite della sua grandezza

Dopo il successo di critica e di pubblico ora il film di Gabriele Mainetti ha anche ricevuto la benedizione dal mondo di chi il cinema lo fa, segno ultimo di un cambiamento in atto all’interno del cinema italiano.
A cura di Gabriele Niola
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È stato un trionfo di critica alla Festa del cinema, poi di fan a Lucca comics, poi finalmente di pubblico con più di tre milioni di euro incassati e adesso anche un successo di premi con 7 David di Donatello su 16 candidature, nessuno ne ha vinti di più nelle categorie più importanti. Lo chiamavano Jeeg Robot ha segnato la stagione cinematografica italiana in tutti i sensi e, se ce ne fosse stato davvero ancora bisogno, adesso ha anche l’appoggio del sistema cinema italiano, ovvero il complesso di votanti dei David di Donatello. E c’è da gioire, c’è da gioire davvero al di là dei singoli meriti, al di là delle preferenze che si potevano avere nelle singole categorie, perché forse siamo davvero di fronte ad un cambio di mentalità.

La domanda che è legittimo farsi, adesso che i premi sono stati consegnati, adesso che quello che il pubblico si aspettava e la critica auspicava è successo, è se qualcosa cambierà o si tratta di un caso isolato? Ora cioè che il cinema italiano non solo si è proposto di uscire dalla dittatura dell’alternanza forzata tra commedie e film d’autore ma l’ha anche fatto e bene, possiamo dirci emancipati da una dittatura che per decenni ha regalato al cinema americano intere fette di spettatori? Possiamo cominciare anche noi a fare film di tutti i tipi? La critica l’ha sempre chiesto ad alta voce, ma giustamente quello conta poco e nulla, ci voleva quel successo di pubblico di cui sta godendo anche Veloce come il vento e a giudicare dai premi sembra che il messaggio l’abbiano recepito anche ai piani più alti.

Non era davvero facile prevedere questo risultato prima della serata, nonostante quello che molti ora si affretteranno a dire. Non era facile perché già le molte nomination a Lo chiamavano Jeeg Robot erano sembrate un contentino, un modo di dare una pacca sulla spalla a Mainetti e al suo film senza doverlo poi premiare. Del resto nella storia del David di Donatello non esiste un precedente simile, non esiste cioè un caso in cui un giovane, al primo film e per giunta con un’opera dallo spirito più commerciale di tutte le altre in concorso, abbia preso il maggior numero di premi. Per questo motivo qualcosa sembra davvero cambiato. Il David non è un premio assegnato da una giuria ristretta come sono i premi di Cannes e Venezia, non vive delle bizze di un gruppetto di persone ma rispecchia lo spirito del tempo perché, come per gli Oscar, i suoi giurati sono tantissimi. Sono più di 1.900 tra premiati, produttori, distributori, critici e lavoratori dello spettacolo, occorre quindi un consenso molto largo per vincere il premio. Che così tante persone si siano allineate sul preferire Lo Chiamavano Jeeg Robot a Il racconto dei racconti o Youth o anche il più tradizionale Perfetti Sconosciuti è un segno.

Certo, va ricordato che nonostante abbia portato a casa il maggior numero di statuette pesanti, il film di Gabriele Mainetti non è stato l’unico vincitore della serata. Il racconto dei racconti ne ha vinte anche lui 7, tra cui il premio come miglior regista, categoria in cui non era nominato Mainetti con Lo chiamavano Jeeg Robot (e Garrone nel suo discorso ha ricordato la cosa, scherzando), aggiudicandosi la gran parte dei premi tecnici (dalla scenografia, alla fotografia, dal trucco al parrucco fino alla scenografia) mentre a Youth di Paolo Sorrentino sono andati quelli musicali, cosa che pare abbastanza azzeccata e incriticabile. Soprattutto bisogna guarda chi non ha preso premi.

Ad essere stati superati nei favori dei votanti non sono stati nomi da poco, sono stati i soliti autori, i soliti attori e i soliti film. Anche una commedia buona ma tradizionale e di gran successo come Perfetti sconosciuti, un film pieno di attori molto noti e celebrati, è tornata a casa con solo due premi, per quanto pesanti come migliore sceneggiatura e miglior film. Anche un film bellissimo come Fuocoammare, già vincitore dell’Orso d’Oro a Berlino, è rimasto a bocca asciutta. Più che il cinema che vogliamo fare e vedere, per una volta possiamo guardare con un po’ di fierezza a quale idea di cinema, a prescindere dalla qualità dei singoli film, abbiamo scelto di dichiarare sconfitto di fronte a Lo chiamavano Jeeg Robot. E c’è da gioire per il nostro futuro.

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