Disney porta il deepfake su grande schermo, la manipolazione dei volti è il futuro del cinema?
Negli ultimi tempi il pubblico ha imparato a conoscere l'incredibile (e inquietante) tecnica del deepfake. Si tratta di una tecnologia basata sull'intelligenza artificiale usata per combinare e sovrapporre immagini e video, con il risultato di manipolare i volti e creare filmati falsi con incredibile verosimiglianza. Ne ha fatto largo uso, per esempio, Striscia la notizia, mostrandoci dei video con Matteo Renzi e Mara Venier, rivelatisi dei clamorosi finti per puri scopi di satira. L'utilizzo si sta espandendo e rischia di interessare in modo ponderante il mondo del cinema, come dimostra uno studio pubblicato da Disney. Non c'è da sorprendersi che sia proprio il colosso di Burbank, che lavora tantissimo su animazione e CGI, a investire in modo deciso su una tecnologia su cui è lecito sollevare dubbi e perplessità.
Perché il deepfake è una tecnica "pericolosa"
Questa tecnica, infatti, è certamente impressionante a livello visivo (pensiamo a quel celebre video con il viso di Jim Carrey sovrapposto sul Jack Nicholson di Shining) ma è talmente precisa che rischia di generare fake news con risultati aberranti in campo giornalistico e non solo. Se già con il deepfake di Francesca Manzini/Mara Venier è sottile il confine tra satira e bufala perché molti spettatori possono scambiare la finzione per realtà, gli utilizzi possono essere ben più pericolosi: ne sono prova casi di cyberbullismo e fenomeni agghiaccianti come i video hard utilizzati con i volti di celebrità o donne comuni. Fino a questo momento, tuttavia, il deepfake è stato tecnologicamente limitato a video brevi e su schermi piccoli. La conferenza di computer grafica organizzata da Disney, di cui sotto potete vedere i risultati, ha mostrato per la prima volta un deepfake ad alta risoluzione, in 1024 x 1024 (un aumento considerevole rispetto al passato), che quindi può essere utilizzato su grande schermo.
L'uso del deepfake nel cinema
Disney stessa ha già sperimentato la tecnica al cinema, seppur in modo limitato. Nel film "Rogue One" del franchise di Star Wars è stato "resuscitato" l'attore Peter Cushing, creando un personaggio che ha in tutto e per tutto le fattezze di Grand Moff Tarkin come lo si vedeva nel 1977 in "Una nuova speranza": il corpo è quello dell'attore Guy Henry, ma sul suo volto sono stati sovrapposti i lineamenti di Cushing, morto nel 1994. La stessa cosa è stata fatta con la principessa Leia sia in "Rogue One" che ne "L'ascesa di Skywalker", nelle scene in cui doveva apparire giovane. L'effetto non è stato proprio perfetto ma il video pubblicato qui sopra dimostra che da allora sono stati fatti notevoli passi in avanti. Pare tuttavia che al momento la tecnologia sia troppo impegnativa per un utilizzo massiccio, come spiegano i ricercatori Disney: “Sebbene questi risultati siano impressionanti, la produzione è costosa e in genere vengono impiegati molti mesi di lavoro per ottenere pochi secondi di riprese". Insomma, pare che ci vorrà ancora un po' di tempo perché la tecnica sia davvero pronta per passare da un semplice ambito di ricerca e sviluppo a un uso costante negli studios di Hollywood. Nel frattempo, tuttavia, è stato già annunciato il "ritorno" digitale di James Dean e presto uscirà persino il primo film con protagonista una robot. A questo punto è lecito ipotizzare un futuro in cui gli attori in carne e ossa, i veri divi, non saranno più indispensabili. Ma sarà davvero la stessa cosa?