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Eduardo e il cinema, storia di un amore non corrisposto

La relazione tra Eduardo e il cinema è durata 34 anni eppure è stato solo come sceneggiatore e come attore che è scoccata la scintilla, mai come autore a tutto tondo.
A cura di Gabriele Niola
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Se lo si chiede al cinema Eduardo De Filippo è sostanzialmente un attore e poi, in seconda battuta, un commediografo dai cui lavori teatrali attingere. In circa 34 anni di attività sul grande schermo (dal 1933 al 1967, anno dopo il quale si è dedicato unicamente alla televisione) il secondo dei fratelli De Filippo non è mai riuscito a lasciare il segno come autore a tutto tondo (sceneggiatore e regista) almeno non come ha fatto con la recitazione o come hanno fatto i suoi lavori teatrali in mani altrui.

A cavallo tra la fine dei ‘30 e l’inizio dei ‘50, quel periodo di libertà tra la caduta del fascismo e la liberazione prima dell’egemonia DC, i De Filippo hanno guidato la grande ondata napoletana del cinema italiano creando un cinema apparentemente sciocchino ma profondamente rivoluzionario. Assieme a Totò, Sophia Loren e napoletani d’adozione (o meglio napoletani più che altro sullo schermo) come Vittorio De Sica, i De Filippo hanno ridefinito i confini della commedia italiana al cinema, sancendo un principio dal quale ancora oggi non si fugge e che era bandito prima della guerra: l’indispensabile uso del dialetto nella comicità. Ma non solo, la grande ondata capitanata da questi alfieri ha riempito i film del dopoguerra di una serie di caratteristi (Tina Pica in primis ma anche Titina De Filippo, che dei tre è quella meno scritturata sul grande schermo) i quali, assieme al potente asse romano hanno, di fatto, animato la stagione più felice del nostro cinema dai capolavori fino a meravigliosi filmetti di livello medio.

Nonostante tutto ciò è sostanzialmente una relazione sentimentale burrascosa quella tra Eduardo e il cinema, fatta di incomprensioni, malcontenti e una terribile litigata che l’ha gettato nelle braccia di un’altra amante (per l’appunto la televisione), più libera, eccitante e che non pretendeva di cambiarlo ma lo coccolava per quello che era. In tv infatti poteva mettere in scena le proprie idee da palcoscenico senza cambiarle troppo, fare delle riduzioni che non stravolgessero la struttura e la direzione che già aveva ideato per il teatro. Il cinema invece chiedeva ben altro, pretendeva messe in scene molto diverso e di contro non sembrava dare indietro molto. Dei 10 film da lui scritti e diretti nessuno è entrato nella storia, nessuno è davvero memorabile, nessuno ha segnato un momento di felicità creativa. Anche guardando alla prima produzione, quella anteguerra che donò ai 3 De Filippo la fama nazionale, i film migliori rimangono quelli di cui Eduardo curava la sceneggiatura ma lasciavano a qualcun altro la direzione. È il caso di Non ti pago!, commedia perfetta, girata ad un passo dal grande litigio con Peppino in cui tutto funziona al meglio e la forza anticonformista del soggetto è resa con precisione millimetrica dalla regia e dall’adattamento (supervisionato dallo stesso Eduardo) di Carlo Ludovico Bragaglia, un vero mestierante delle commedie dei telefoni bianchi.

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Ma anche lavori più noti come Napoli milionaria e Filumena Marturano hanno nella versione 100% eduardiana (scritta, diretta e recitata) l’adattamento meno riuscito. È stato infatti solo con Matrimonio all’italiana di Vittorio De Sica che uno dei testi più formativi per l’identità e il costume nazionale di tutto il ‘900 è arrivato all’estero (vittoria del Golden Globes come miglior film straniero e nomination agli Oscar). E lo stesso si può dire della carriera d’attore sul grande schermo. Un set non è come l’allestimento di un’opera teatrale, è più come un lavoro in fabbrica, qualcosa di molto ripetitivo e alienante (Stanley Kubrick diceva che fare arte su un set è come fare poesia lavorando al tornio), e c’è qualcosa nella maniera in cui Eduardo regista dirigeva Eduardo attore davanti alla macchina da presa che non ha mai funzionato al meglio.

Basti vedere le prove memorabili che altri registi sono riusciti a tirargli fuori. Ci voleva forse un occhio lontano dal teatro per capire come piegare e adattare le incredibili capacità del secondo De Filippo in modo che la macchina da presa le catturasse. Ci è riuscito Antonio Pietrangeli in Fantasmi a Roma, Vittorio De Sica nel piccolo segmento che lo riguarda di L’oro di Napoli (“Il professore”), Luigi Comencini in Tutti a casa e ci avrebbe voluto provare Pasolini con Porno-Teo-Kolossal, il film ideato prima di morire ma mai girato che avrebbe dovuto avere nei ruoli protagonisti Ninetto Davoli e per l’appunto Eduardo.

Da buon ultimo addirittura anche Orson Welles nella sua biografia scritta da Peter Bogdanovich, libro nel quale praticamente non parla bene di nessuno, dedica un intero passaggio alla figura di Eduardo del quale si era perdutamente innamorato vedendolo recitare durante un viaggio in Italia e che lì definisce “probabilmente il più grande attore del mondo”.

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