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Facebook, Wikileaks e Snowden. Dalla morte di Steve Jobs il cinema ha scoperto la rete

La morte del fondatore della Apple ha chiuso un’era e da quel momento il cinema ha cominciato a raccontarla. L’internet movie è diventato un genere che spiega al mondo la rivoluzione che viviamo.
A cura di Gabriele Niola
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Che la morte di Steve Jobs, avvenuta esattamente 5 anni fa (il 5 Ottobre del 2011), sia stata la fine di un’era lo dice il fatto che sia arrivata proprio nel momento in cui il cinema cominciava a raccontare la storia della rivoluzione digitale. Era il periodo in cui diversi film ad alto budget invadevano le sale, conquistavano l’attenzione dei registi più importanti e i ruoli degli informatici diventavano materia per attori di primo piano. Niente Oscar al momento ma il botteghino non si è mai lamentato.

Iniziata proprio da Steve Jobs alla fine degli anni ‘70, la lunga storia della maniera in cui la tecnologia digitale e internet sono entrate nelle vite delle persone comuni è arrivata dopo 40 anni alla fine di un primo periodo. A dirlo è il fatto che abbiamo per la prima volta iniziato a guardarci indietro e raccontare come siamo arrivati a questo punto. Ciò che hanno sempre fatto libri e manuali per appassionati, ora lo sta facendo l’intrattenimento di massa divulgandolo a tutti. Mettendo in fila fatti, personaggi, relazioni e in un certo senso anche la mitologia della rivoluzione digitale, il cinema ha iniziato a narrare i suoi eroi e i suoi sconfitti.

L'internet movie a partire da I Pirati della Silicon Valley

Se fino alla morte di Steve Jobs solo un film aveva raccontato quel mondo (I Pirati Della Silicon Valley, nel 1999) dalla fine degli anni ‘10 l’internet movie è diventato un genere a sè. Il primo passo lo ha fatto The Social Network di David Fincher, solo un anno prima del decesso di Jobs. Quel film raccontava la nascita della tecnologia più popolare di tutte, e nel farlo stabiliva un modo di guardare alle nuove e potenti figure dell’economia digitale. Il Mark Zuckerberg interpretato da Jesse Eisenberg non somiglia probabilmente a quello vero, ma era un ragazzo tanto imberbe quanto determinato, intelligente ma soprattutto cattivo e arrogante, caratteristica diventata tipica dei protagonisti del genere. Ad esempio Benedict Cumberbatch e il suo pioniere dell’informatica dalla testa dura, Alan Turing, sono arrivati fino all’Oscar raccontando di come sia nato il primo computer di sempre in The Imitation Game solo 2 anni fa.

Eppure il re dei bastardi resta proprio lui, Steve Jobs. Solo un anno dopo la sua morte infatti sono iniziati ad arrivare i film biografici in cui, di nuovo, tra alti e bassi qualitativi il più noto artefice della diffusione di massa dell’informatica era visto come un demonio, spietato e geniale, affascinante e respingente, prima interpretato da Ashton Kutcher e poi da Micheal Fassbender. Ma ancora se nel 2014 partiva una serie tv comica come Silicon Valley, tutta centrata sul luogo in cui è nata e continua a fiorire la tecnologia che usiamo tutti i giorni, quasi nello stesso anno partiva un’altra serie come Halt And Catch Fire, più centrata sul racconto degli albori dell’era dei computer attraverso tre personaggi inventati che cercano di creare il primo computer portatile di sempre. Sono un manager (in stile Jobs), una programmatrice punk e anarchica (ma geniale) e un ingegnere serio e metodico (l’anima razionale). Ovvero le figure archetipe attraverso le quali il cinema ci racconta la tecnologia.

Il caso Snowden

Ovviamente i documentari stanno facendo la loro parte (We Are Legion, la storia di Anonymous, è stato un vero successo) e alla stessa maniera sempre di più, accanto al racconto della storia della tecnologia, si sta facendo strada il tentativo di storicizzare il presente. I cineasti più arrabbiati e politici hanno capito che oggi la vera frontiera del cambiamento politico passa per la tecnologia. Non fosse così Oliver Stone (regista di JFK e Nato il Quattro Luglio) non avrebbe deciso di dirigere Snowden, film in arrivo alla Festa del cinema di Roma assieme a Stone stesso, in cui Joseph Gordon Levitt interpreta il controverso addetto alla sicurezza che ha denunciato lo schema attraverso il quale la CIA spiava il mondo intero, cambiando la storia delle relazioni internazionali per sempre. Ma alla stessa maniera, di nuovo Benedict Cumberbatch ha interpretato l’altro rivoluzionario della politica online perseguitato e maledetto, cattivo e spietato, cioè Julian Assange in Il Quinto Potere.

Su un versante più finzionale pure non ci facciamo mancare niente. Un film come Blackhat, di Michael Mann, ha preso spunto da quel che era accaduto quando il worm Stuxnet (su cui Alex Gibney ha fatto un documentario d’autore: Zero Days) si era diffuso causando la prima avvisaglia di guerra informatica tra nazioni, oppure una commedia come Gli Stagisti con Owen Wilson e Vince Vaughn è stata possibile solo perché tutti hanno conoscenza di cosa sia Google e delle differenze che quel tipo di mondo e di lavoro ha rispetto all’universo dei mestieri tradizionali.

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