Gianni e le Donne: un giovanissimo sessantenne al Festival di Berlino
Sarà un gran weekend per Gianni De Gregorio, regista, sceneggiatore e attore romano che il prossimo venerdì porterà nelle sale italiane un nuovo film, l'autobiografico "Gianni e le Donne" che sembra avere tutti i numeri per replicare il successo del suo precedente lavoro. De Gregorio è asceso agli onori della cronaca nel 2008 per aver scritto e diretto Pranzo di Ferragosto -opera prima alla regia che ha fatto incetta di premi e riconoscimenti, raccogliendo unanimi consensi in patria e fuori- e per aver sceneggiato Gomorra, il celebre film diretto da Mattero Garrone. Ma non è stato "Gomorra" il luogo d'incontro tra De Gregorio e Garrone. I due, infatti, lavorano fianco a fianco fin da "Ospiti" -1998- opera seconda di Garrone per cui De Gregorio ha lavorato come assistente alla regia. Da allora in poi, Gianni figura a vario titolo nella crew di Garrone (direttore casting, regista della seconda unità) e prende parte alla realizzazione di tutte le opere dell'amico dal 1998 in poi. Ma la vera dichiarazione di stima da parte del regista di Gomorra arriva nel 2008, quando è proprio lui a mostrare fiducia nel talento di De Gregorio, decidendo di produrre il film che lo renderà famoso: il succitato "Pranzo di Ferragosto".
E ora, a poco più di due anni di distanza, Gianni De Gregorio incassa un'altra vittoria: la selezione al Festival di Berlino 2011 per la sezione Special, e già si guadagna il prezioso e ingombrante soprannome di Jacques Tati di Trastevere. Del resto, le affinità tra la poetica di De Gregorio e quella del grandissimo regista, attore e mimo francese sono molteplici. Basti pensare alla gentile e delicata ironia che permea un'opera come "Les Vacances de Monsieur Hulot". Da questo punto di vista, si possono attribuire al cinema di De Gregorio le medesime caratteristiche: gentile e delicato. Parliamo di un'ironia sottile, intensamente "romana", ma che riesce a non far caciara, non è mai di cattivo gusto ed è capace di reinventare la gloriosa romanesca attraverso un'ironia dolce e allegra che non ha paura di diventare amara, perché solo gli imbecilli non smettono mai di ridere.
La trama, che presenta delle evidenti e dichiarate convergenze autobiografiche, non ha nulla di originale, ma è ben lungi dall'essere stereotipata, tanto che sarebbe più opportuno parlare di un moderno archetipo narrativo: un sessantenne in pensione, Gianni, d'indole docile e propenso all'arrendevolezza, vive circondato da tre donne/arpie, tra cui l'amatissima ma sfiancante figlia, la moglie che non c'è mai e per cui Gianni è più un maggiordomo che un marito, la madre poco materna che si ostina a non voler accettare il suo presente "plebeo" e vive nella nostalgia d'antichi fasti nobiliari. Gianni trascorre le sue giornate in giro per Roma, in compagnia dell'alcool, finché un amico avvocato non lo costringe a guardare la verità della sua condizione di "schiavo". A quel punto, Gianni si accorgerà del mondo intorno a sé, e di tutte le bellissime donne che lo popolano. Ma quando tenterà di procurarsi una giovane amante capace di regalargli una sensazione di prolungata giovinezza, l'uomo s'accorgerà dell'assurdità delle sua pretesa e dovrà confrontarsi con un illuminante rifiuto (guarda il trailer di Gianni e le Donne)
Insomma, tra i film in uscita questa settimana, quello di De Gregorio merita certamente un'attenzione particolare, e non solo perché il regista-attore è riuscito a strappare una menzione alla Berlinale 2011, ma perché il suo cinema ha l'innegabile forza dell'entusiasmo e, forse, è proprio per via della convergenza tra l'attore-autore e i suoi personaggi che le storie raccontate hanno tanta carica. L'impronta autobiografica di ogni sua opera, unita alla capacità di parlare dei dolori della nostra epoca con profonda leggerezza, trasformano i suoi film in dei veri e propri ritratti. Riproduzioni (quasi)fedeli dello smarrimento contemporaneo; uno smarrimento che, però, non riesce in alcun modo a liberarsi dalla poesia. La vita, volente o nolente, ti si attacca addosso e riesce ad essere divertente anche nella tragedia. In fondo, solo gli idioti non smettono mai di piangere.